Anno Sacerdotale: Allungare i filatteri o allargare la tenda? | Diocesi di Trivento

Riflessioni

Anno Sacerdotale: Allungare i filatteri o allargare la tenda?

“Allarga lo spazio della tua tenda, stendi i teli della tua dimora senza risparmio, allunga le cordicelle, rinforza i tuoi paletti, poiché ti allargherai a destra e a sinistra e la tua discendenza entrerà in possesso delle nazioni, popolerà le città un tempo deserte
Isaia

Straordinaria la Parola!
Ha il potere di far tornare a fremere uteri secchi e deposita promesse sugli occhi e nelle mani degli inermi. L’Anno sacerdotale che stiamo vivendo è recinto di giorni da riempire di Parola, per ricucire l’identità presbiterale. Il tempo sempre più accelerato, la fatica accresciuta col calo delle vocazioni, la povertà stessa della nostra umanità, possono, infatti, allontanarci da quel nucleo identitario che rende salda e coerente la nostra personale storia presbiterale.

Nutrire di Parola l’Anno Sacerdotale ci aiuterà a ricollocare l’ “essere prete” nell’orizzonte della Missione e, nel dire al mondo chi siamo, ci preserverà dal rischio farisaico di rendere essenziale ciò che è solo accessorio. I Farisei affidavano a filatteri sempre più lunghi il compito di gridare il loro essere pii israeliti. Certo, un filatterio ha la capacità di dire, a chi lo guarda, che si trova davanti ad un membro, fortemente osservante, del popolo eletto. Ma se un pio ebreo volesse raccontare la sua ricerca di Dio, la sete di volto che gli muove le viscere, la passione che ha per la sua terra, che non è solo sassi ed erba, ma soprattutto cammino lungo attraverso il mare e il deserto, agonia di esili ed esultanza di ritorni, non potrà limitarsi ad allungare i suoi filatteri.

Quando accoglierà nella sua casa lo straniero e con lui condividerà azzimi di fraternità, allora racconterà di suo padre, del sole cocente di Mamre e del fresco della tenda accanto alla quercia, della promessa di futuro che mette in subbuglio il cuore di Abramo, della risata sul volto di Sarai e nel suo grembo sterile. Con i suoi gesti di tenerezza verso l’orfano e la vedova, l’uomo del filatterio rinnoverà la memoria di un popolo che era orfano in casa estranea o come vedova rassegnata alla sua solitudine, che Jahvè adotta quale suo primogenito o che sposa con gli onori che si addicono alla vergine. Nei suoi giubilei, quando restituirà libertà a chi ne era privo, l’ebreo consegnerà al mondo i passi degli schiavi impressi sul fondo del mare e narrerà di un Dio che libera e che costruisce felicità per i suoi figli.
I filatteri possono dirci che siamo davanti a d un pio israelita, ma sono questi gesti ad avere la forza di proclamare chi è un pio israelita.

In questo anno sacerdotale dobbiamo declinare la nostra identità di presbiteri. Chi siamo e come lo diciamo al mondo? Alla luce della Parola siamo innanzitutto degli inviati e sull’esempio di Paolo, l’Apostolo delle Genti, dei tessitori di tende. È la missione con i suoi gesti a definirci. Non siamo chiamati ad allungare i filatteri, ma ad allargare la tenda della nostra vita. Creare legami, ricucire gli strappi, tessere trame solide da un corpo all’altro, tra storie diverse, accostare i vissuti, stringere i cuori e renderli saldi in ordito di riconciliazione e di fraternità evangeliche. Sono i gesti che appartengono alla Missione, che ci appartengono profondamente come preti, inviati ad annunciare Vangelo al mondo.

La lunga fila di bottoni delle nostre talari, le volute d’incenso dei turiboli, la nobiltà dei pizzi e delle trini che indossiamo, possono dire al mondo che siamo preti, ma non bastano a raccontare chi è un prete. Sarà il nostro attraversare la vita liberi da ogni velleità di possesso, il desiderio di costruire fraternità che abbiano gusto di Regno, l’ascolto delle persone che incontriamo e delle loro storie, l’assunzione di uno stile di vita sobrio accompagnato da una feriale frequentazione dei poveri, il tempo lungo consacrato alla preghiera e alla cura della nostra relazione di figli col Padre, la fragranza di pane spezzato che avranno le nostre parole e i nostri sguardi nutriti dall’Eucaristia, sarà tutto questo e molto altro, da scoprire insieme lungo questo anno, a disegnare con inchiostro di profezia e di speranza il nostro profilo di ministri ordinati.Don Amedeo Cristino16 novembre 2009

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