Commento al Vangelo
26 dicembre - Santo Stefano
Liturgia: At 6, 8-10; 7, 54-60; Sal 30; Mt 10, 17-22Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell'ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.
Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato.
Le parole di Gesù ai discepoli si avvereranno presto. Innanzi tutto sulla sua persona: lui è l'Agnello immolato, condannato, flagellato e messo a morte. Ma sarà anche la dolorosa esperienza delle comunità cristiane dei primi decenni: perseguitate, isolate, umiliate. E poi, per molti cristiani, la situazione descritta dal Vangelo è ancora oggi una realtà in diverse parti del mondo. Viene subito da chiedersi: ci informiamo, almeno, su queste situazioni? Sosteniamo i nostri fratelli cristiani perseguitati e perfino uccisi?
Ogni discepolo è associato al destino dell'Agnello, preda della ferocia del lupo. Ma è proprio l'Agnello a svelare il senso del dramma della storia: il bene vince il male perdendo, e il male perde quando sembra che vinca. La croce è la parola più sapiente perché sa che il male si arresta solo quando uno che lo riceve non lo restituisce. È come dire che il male non sta tanto nel soffrire e nel morire, ma nel far soffrire e nel far morire.
Gli agnelli, le pecore – tante volte nominati e portati ad esempio da Gesù nelle sue parabole – sono animali utili e miti: sia in vita che in morte, danno cibo e vestito. Sono il simbolo di Dio stesso, l'Agnello immolato che toglie il peccato – il male! – del mondo. Sta a noi essere prudenti e semplici: la prudenza, per sottrarci all'inganno del male; la semplicità che è la fiducia del bimbo che si affida alla madre. Ogni nostro patimento non sarà mai una sconfitta, ma la testimonianza resa al Signore della vita.
Mons Angelo Sceppacerca26 dicembre 2024