Commento al Vangelo
22 dicembre - Quarta Domenica di Avvento
Liturgia: Mi 5,1-4a; Sal 79; Eb 10,5-10; Lc 1,39-45In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
La vita si cerca, si visita, si incontra. Dopo l'inaudito annuncio, Maria va a trovare e a servire la cugina incinta. Il dono ricevuto da Dio spinge a comunicarlo. Elisabetta la riconosce: «Madre del mio Signore». A lei, all'angelo, Maria risponde con il Magnificat, che lascia intravedere il suo cuore. Anche la Chiesa, immedesimandosi, canta con lei da secoli il suo grazie al dono di Dio. Nel Magnificat risuona il messaggio dell'annunciazione, delle promesse realizzate. Tutta la vita ha centro in quell'annuncio perché conferma "oggi" il "sì" di Maria che ha ospitato il "sì" di Dio all'uomo. Maria è figura di ogni credente: quello che è accaduto in lei deve capitare a ciascuno di noi.
La visita di Maria a Elisabetta è la fede certa che nulla è impossibile a Dio; è la felicità dell'incontro, a lungo ostacolato e invocato, tra lo sposo e la sposa: Elisabetta porta in grembo un'attesa di secoli, Maria l'Atteso da sempre. Si abbracciano in loro la promessa e il compimento. Maria va in fretta (chi ama non indugia, non rinvia), spinta da gioia e premura, e accade l'impossibile di cui l'uomo ha bisogno per sopravvivere alla morte; come Elisabetta e Maria sono cugine, così lo sono i bambini che portano in grembo: uomo e Dio sono della stessa carne. Noi siamo parenti di Dio!
Trent'anni dopo, Giovanni il precursore rincontrerà sulle rive del Giordano «l'Agnello che toglie il peccato del mondo» e lo additerà a salvezza. Oggi, grazie alla visita di Maria a sua madre, l'incontro col Salvatore è anticipato. Giovanni e Gesù, il profeta e il Messia, entrambi concepiti con la grazia dello Spirito – il primo da due genitori anziani e sterili, il secondo da una vergine-madre – si conoscono prima ancora di nascere. Giovanni «sussulta» di gioia: è lo stesso termine usato per descrivere la danza del re Davide davanti all'Arca dell'Alleanza tornata finalmente in patria. Le lodi di Elisabetta e il canto di Maria (la nuova Arca) sono la risonanza di questo incontro. A due donne è riservato il privilegio di interpretarlo e di confermarlo.
Maria canta: l'anima mia dice che grande è il Signore! Adamo fece Dio piccolo, a somiglianza della propria meschinità. Maria, al contrario, confessa che Dio è grande perché lo vede come amoroso sposo capace di dare la vita. Lei riconosce Dio come Dio e vede in sé l'immagine autentica di Lui. Il primo dono di Dio – e il primo canto a lui – è riconoscerlo grande e per-noi. Di questo sono state testimoni soprattutto le donne: Maria dice "sì" e in lei s'incarna il Figlio di Dio; Elisabetta riconosce il mistero nel grembo della cugina; la Maddalena è la prima che adora il Risorto. Non ci si avvicina al Natale se non con cuore di donna, così umile da credere che Dio s'è fatto uomo.
Mistero irresistibile e fascinoso il Natale. Ogni gravidanza dovrebbe essere segnata dalla stessa gioiosa attesa. C'è da inginocchiarsi di fronte a ogni vita che nasce, riverbero dell'amore di Dio, anch'esso infante in culla a Betlemme, il paese del pane.
Mons Angelo Sceppacerca22 dicembre 2024