15 dicembre - Terza Domenica di Avvento Gaudete | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

15 dicembre - Terza Domenica di Avvento Gaudete

Liturgia: Sof 3, 14-18a; Sl: Is 12, 2-6; Fil 4, 4-7; Lc 3, 10-1815 dicembre - Terza Domenica di Avvento Gaudete

Le folle lo interrogavano: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

Domenica della letizia. Sofonia spinge quanto resta di Israele fedele a dare sfogo a una felicità intensa e trascinante, perché Dio ha liberato il suo popolo e in mezzo ad esso ha fissato la sua presenza. È un contatto che rende forti contro ogni paura, perché Dio risparmia e cambia il popolo col suo amore.

Anche Maria, vera "figlia di Sion", che rappresenta Israele e l'umanità, deve rallegrarsi grazie al figlio che porta in grembo. Perfino Paolo, mentre si trova in prigione, chiama alla festa perché Gesù ci mette a parte di una felicità che nessuna prova né dolore può mai soffocare. Antagonista della gioia non è la sofferenza, ma l'egoismo: non si può essere felici da soli e la gioia è contagiosa, se la condividi si moltiplica, come la solitudine si dimezza.

Abbiamo motivo per essere felici. Un abito da indossare in permanenza per il cristiano, una luce in volto. Come Dio è Amore e Gioia, così il cristianesimo.

Che dobbiamo fare? Domanda nient'affatto scontata. Il disorientamento dilaga come un'epidemia. Tempo di crollo era quello di Giovanni il Battista, tempo di crisi il nostro, dopo due millenni. Non solo perché il Vangelo deve ancora raggiungere tutti, ma anche perché i bisognosi di tunica, di pane, di giustizia sono moltitudine.

Giovanni dice che questo è il momento. L'avvento ci fa consapevoli dell'oggi. Il presente è l'unica occasione per dare risposta alla chiamata di Dio. L'antropologia cristiana è concreta e semplice, colloca l'uomo al punto giusto (qui) e al momento favorevole (ora). In attesa del Natale: che cosa fare?

Il cambiamento indicato da Giovanni è per tutti: non tanto nel ruolo, quanto nel modo. Condivisione e non accaparramento; rispetto e non prevaricazione; giustizia e non saccheggio; disponibilità e non ipocrisia. Carità e fede si congiungono quando so che il fratello, la sorella, è me stesso e, prima ancora, è Lui, quel Gesù che deve venire e che è già davanti a me. Dice Chiara Lubich: «A qualcuno manca il lavoro? Manca a me. C'è chi ha la mamma ammalata? L'aiuto come fosse la mia. È l'esperienza dei primi cristiani di Gerusalemme. Come ogni pianta assorbe dal terreno solo l'acqua che le è necessaria, così anche noi cerchiamo di avere solo quello che occorre».

Mons Angelo Sceppacerca15 dicembre 2024
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