Commento al Vangelo
24 novembre - Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo
Liturgia: Dan 7,12-14; Sal 92; Ap 1, 5-8; Gv 18, 33b-37Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
Quello tra Gesù e Pilato non è il dialogo fra due filosofi e neppure un colloquio fra un politico e un rappresentante religioso. Quello che ascoltiamo nel vangelo di questa domenica che chiude l'anno liturgico, è un frammento di un processo in piena regola. In realtà tutto il vangelo di Giovanni è guidato, dall'inizio alla fine, dall'idea di un processo: il processo tra la luce e le tenebre, tra la fede e l'incredulità, tra Gesù e il mondo. Il processo dinanzi a Pilato è l'epilogo di questo processo, l'udienza finale. Pilato, in quel momento, rappresenta l'impero romano, ma anche i giudei che gli hanno condotto Gesù; in una parola – dietro alla figura di Pilato – c'è il mondo che si oppone alla Luce, al Verbo fatto carne, al Figlio di Dio. Tutto sembra indicare che sia il mondo a vincere: Gesù è catturato, condannato, caricato della croce, crocifisso. In realtà le cose devono essere comprese in altro modo ed è Gesù stesso a darne la giusta interpretazione: "Questo mondo è stato giudicato… Abbiate fiducia: io ho vinto il mondo!". Certo, Gesù muore sulla croce, ma proprio in quella morte si manifesta la sconfitta delle tenebre e del peccato del mondo: a vincere è la vittima, l'agnello immolato e risorto.
Gesù non ha voluto essere un politico. Le tentazioni del demonio, specie la terza, erano la proposta di un messianismo politico e Gesù le ha respinte. Al suo tempo c'erano forme di messianismo politico, teocratico, rivoluzionario. A Gesù è stato preferito Barabba, proprio perché Barabba rispondeva meglio a quel modello. Gesù invece annuncia e introduce nella storia il Regno di Dio, la presenza regale e salvifica di Dio, l'amore onnipotente e misericordioso di Dio che viene incontro all'uomo nella storia: questo è il regno di Dio che Gesù annuncia e rende presente. In Gesù, Dio non manda un profeta, ma viene lui personalmente, anche se viene ancora nascosto nella condizione umana. Il regno di Dio viene nella storia come seme e rimarrà così fino alla fine del mondo. Il frutto maturo si avrà solo nella eternità. Gesù davanti a Pilato dice che il suo regno non è di questo mondo; anche il cristiano non è del mondo, tanto meno è dello Stato, ma è nel mondo ed è nello Stato. Non è fuori; è dentro.
Anche il brano del profeta Daniele, che si legge in questa domenica, parla del susseguirsi degli imperi umani nel corso della storia: una lunga sequenza di violenze e soprusi. All'improvviso, però, c'è un cambiamento di scena; appare il Figlio dell'uomo che inaugura un regno che non sarà mai distrutto: è Gesù, vero sovrano del cosmo e della storia. Da qui la festa di oggi.
Caravaggio nell'Ecce Homorappresenta Pilato che addita Gesù. La luce che piove dall'alto trae dal buio la figura di Cristo e alcuni dettagli delle altre, le mani e la faccia di Pilato, inquieto e sprezzante, le mani e la testa dell'aiutante. Il mantello aperto e sospeso sopra le spalle di Gesù mette in evidenza il suo giovanissimo corpo inerme, il gesto rassegnato delle mani incrociate e legate, la canna-scettro infilata nella mano destra, la sua umiltà accentuata dagli occhi bassi. Pilato sembra quasi dare forma umana al buio, quasi una personificazione del "potere delle tenebre". Gesù è un re inerme e fragile, ma ha con sé la forza della verità. La debolezza di Gesù, come dice l'apostolo Paolo, è "più forte degli uomini".
Il mistero assoluto – "Cos'è la verità?" – è risolto. L'inconoscibile è svelato; la verità è l'amore del Padre, esposto nella pasqua di Gesù, sconvolgente testimonianza della potenza dell'amore. D'ora in poi tutta l'umanità è figlia di Dio.
Tutta la Sacra Scrittura è lo specchio e il racconto della signoria di Cristo. Ho trovato citato un bellissimo brano di un canto inglese in cui – su un'aria musicale in crescendo – si passano in rassegna tutti i settantasei libri della Bibbia e di ognuno si mette in luce, con una frase, il suo riferimento principale a Cristo: "In Genesi è l'ariete del sacrificio di Abramo. / Nell'Esodo, l'agnello pasquale. / Nel Levitico è il nostro sommo sacerdote. / Nei Numeri, la nube di giorno e la colonna di fuoco di notte… / Nei Salmi è il mio pastore. / Nel Cantico, lo sposo radioso. / In Isaia, il servo sofferente. / In Matteo è il Cristo, il Figlio del Dio vivente. / In Marco è l'operatore di prodigi. / In Luca è il figlio dell'uomo. / In Giovanni è la porta per la quale entrare… / In Romani è colui che ci giustifica. / Nell'Apocalisse, rallegrati Chiesa, egli è il Re dei re e il Signore dei Signori".
Mons Angelo Sceppacerca24 novembre 2024