Commento al Vangelo
Domenica 12 agosto
Liturgia: 1Re 19, 4-8; Sal 33; Ef 4, 30-5, 2; Gv 6, 41-51In quel tempo, i Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: "Sono disceso dal cielo"?».
Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: "E tutti saranno istruiti da Dio". Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.
Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Quelli di Cristo sono attirati dal Padre e risorgeranno nell'ultimo giorno. I giudei non credono a Gesù perché non fanno parte di coloro che, credendo in lui, hanno la vita eterna. I Giudei sono tutti gli increduli, ostili al Figlio e in continua mormorazione contro Dio. È la mancanza di fede, è lo scandalo per l'incarnazione: per loro Gesù è semplicemente il figlio di Giuseppe. Per sapere veramente da dove venga non basta la conoscenza della carne, occorre quella della fede. Il dono di Dio è Gesù, il figlio di Giuseppe. L'ironia dei giudei ("Di lui conosciamo il padre e la madre") non è frutto di conoscenza, ma dell'ignoranza di chi non sa cogliere la gloria dietro la carne.
La fede è dono e affonda le radici nel Padre. Crede in Gesù solo chi ascolta e impara dal Padre. Dalla fede dipende la vita eterna e la fede consiste nell'ascoltare e mangiare Gesù, pane celeste che dà la vita eterna. Non c'è paragone con la manna del deserto; lì morirono tutti, anche Mosè. Dire "Io sono il pane della vita" è come dire che egli è la salvezza per sempre, perché è la vita terrena e divina, eterna; la vita come la possiede Dio. Questa è la differenza del pane-Gesù rispetto alla manna nel deserto; ma è anche la differenza fra la salvezza eterna del Signore rispetto a quella dello scampo dalle mani degli egiziani.
Mangiare il corpo di Cristo è fare Eucaristia, ma anche interiorizzare la parola del Figlio e assimilare la sua persona con una profonda vita di fede. Mangiare il pane vivente significa far propria la persona di Gesù, verità e rivelazione perfetta del Padre, che si è sacrificato con la passione e la morte in croce. Lì l'amore di Dio per gli uomini raggiunge la vetta della donazione di se stesso per il mondo.
Dalla manna nel deserto al pane moltiplicato, per giungere alla carne data come cibo per la vita eterna. Questo è il culmine del cammino di fede nel Vangelo di Giovanni. Il pane è la sua carne, il suo essere uomo tra noi. La povera umanità assunta da Cristo è proprio il pane che dà la vita eterna! Non basta la sola umanità della carne; occorre che sia data, offerta, per la vita del mondo. Il mondo è insieme la creazione e la storia, amate da Dio.
"Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre". Essere attratti da Dio richiama il deserto del profeta Osea nel quale Dio attira il suo popolo per parlare al suo cuore e convincerlo del suo amore. Noi siamo molto simili a quei giudei, conosciamo il dubbio e l'incertezza, compresa la presunzione di sapere chi è l'uomo di Nazareth.
Mons Angelo Sceppacerca12 agosto 2018