Cinquantesimo anniversario della morte di papa Pio XII | Diocesi di Trivento

Riflessioni

Cinquantesimo anniversario della morte di papa Pio XII

Cinquantesimo anniversario della morte di papa Pio XIISu Pio XII la verità storica è stata appena tradita dalle parole e dalla richiesta di non beatificare papa Pacelli, espressa dal rabbino capo di Haifa, Shear-Yashuv Cohen, primo rabbino intervenuto al Sinodo dei Vescovi in corso in Vaticano.

Si è realizzato così il massimo della calunnia con il minimo sforzo: il nuovo cavallo di Troia che entra e ferisce in Vaticano!

Questo nonostante che già, nei giorni precedenti, il Santo Padre Benedetto XVI fosse intervenuto in modo chiaro ed inequivocabile, nel corso dell'importante simposio promosso dalla Pave the Way Foundation, dicendo: “Grazie a un vasto materiale documentario da voi raccolto, arricchito da molteplici e autorevoli testimonianze, il vostro simposio offre alla pubblica opinione la possibilità di conoscere meglio e più compiutamente ciò che Pio XII ha promosso e compiuto a favore degli ebrei perseguitati dai regimi nazista e fascista. Si apprende allora che non risparmiò sforzi, ovunque fosse possibile, per intervenire direttamente oppure attraverso istruzioni impartite a singoli o ad istituzioni della Chiesa cattolica in loro favore. Nei lavori del vostro convegno sono stati anche evidenziati i non pochi interventi da lui compiuti in modo segreto e silenzioso proprio perché, tenendo conto delle concrete situazioni di quel complesso momento storico, solo in tale maniera era possibile evitare il peggio e salvare il più gran numero possibile di ebrei. Questa sua coraggiosa e paterna dedizione è stata del resto riconosciuta ed apprezzata durante e dopo il tremendo conflitto mondiale da comunità e personalità ebraiche che non mancarono di manifestare la loro gratitudine per quanto il Papa aveva fatto per loro. Basta ricordare l'incontro che Pio XII ebbe, il 29 novembre del 1945, con gli 80 delegati dei campi di concentramento tedeschi, i quali in una speciale udienza loro concessa in Vaticano, vollero ringraziarlo personalmente per la generosità dal Papa dimostrata verso di loro, perseguitati durante il terribile periodo del nazifascismo”.

Quindi la presunta complicità con il Nazismo, di cui si accusa Pio XII, colpevole di non denunciare la persecuzione degli ebrei ad opera dei tedeschi, non è altro che una leggenda metropolitana bella e buona, uno tra i più falsi e più calunniosi dei luoghi comuni della storia,.

Ma ciò non viene forse portato come pretesto per continuare ad accusare di antisemitismo, insieme al Papa della Seconda Giuerra mondiale, anche la stessa Chiesa Cattolica?
Si tratta di un’accusa molto pesante che, per la prima volta, nel 1963, fu avanzata da un drammaturgo tedesco, Rolf Hochhuth, autore di una opera teatrale, intitolata “Il Vicario”, nella quale si descriveva il sommo pontefice non solo come uno spettatore indifferente dell’Olocausto, ma che per di più, con il suo silenzio, si era reso connivente dell’immane tragedia che si stava consumando.

Le cose però sono andate ben diversamente. C’è anzitutto un dato eloquente che smentisce tutti gli pseudo-storici che, a tavolino e proditoriamente, costruiscono i loro teoremi accusatori sul silenzio di Pio XII: “le stesse testimonianze degli Ebrei, sopravvissuti alla strage e che hanno sofferto in prima persona le inenarrabili sofferenze provocate dai loro aguzzini. È un vero e proprio concerto all’unisono: per le vittime, Pio XII fu un grande benefattore che si prodigò con tutti i mezzi a sua disposizione per salvare il maggior numero di Ebrei, sottoposti in Europa alla feroce persecuzione ingaggiata dal Nazionalsocialismo”.

Il 29 novembre 1945, circa ottanta delegati in rappresentanza degli ebrei profughi dai campi di concentramento tedeschi si recarono in udienza dal Papa per ringraziarlo di tutto quello che aveva fatto e motivavano la richiesta dell'udienza pontificia per avere "il sommo onore di poter ringraziare personalmente il Santo Padre per la sua generosità dimostrata verso di loro, perseguitati durante il terribile periodo di nazifascismo".

Nel febbraio del 1944, lo stesso Rabbino Capo d’Israele,Isaac Herzog, inviò un messaggio al Papa dichiarando: "Il popolo d’Israele non dimenticherà mai quello che Sua Santità e i suoi illustri delegati, ispirati dagli eterni principi della religione, che formano le vere basi di un’autentica civiltà, stanno facendo per i nostri sfortunati fratelli e sorelle nell’ora più tragica della nostra storia, prova vivente dell’esistenza della divina Provvidenza in questo mondo".

Si tenga a mente che il Rabbino Capo di Roma, a guerra conclusa, si convertì al Cattolicesimo, mosso anche dalla testimonianza di carità cristiana a favore degli Ebrei a cui aveva assistito durante gli anni bui dell’occupazione nazista in Italia e assunse il nome di Eugenio, per un tributo di riconoscenza verso Eugenio Pacelli, al quale regalò la sua villa personale, sita in via Po, e che attualmente è la dimora del Nunzio Apostolico in Italia.

Il 10 ottobre 1958, il Rabbino Capo di Roma, nella circostanza della morte di Papa Pio XII, disse: “Più che in ogni altra occasione, abbiamo avuto l'opportunità di sperimentare la grande compassione e la grande generosità di questo Papa durante gli anni della persecuzione e del terrore, quando sembrava non ci fosse per noi più alcuna speranza”.

Altri studiosi ebrei hanno fornito i dati più significativi, sufficienti ad abbattere ogni recriminazione verso Pio XII. Un esempio per tutti: il console israeliano a Milano, Pinchas Lapide, con cifre e documenti alla mano, ha dimostrato che "il Papa in persona, la Santa Sede, i nunzi e tutta la Chiesa Cattolica hanno salvato da 700.000 ad 850.000 ebrei da morte certa".

Ma ci vogliamo ricordare che in Italia e a Roma, soprattutto, conventi e seminari nascosero, per esplicita richiesta del Papa, le famiglie ebree braccate dai nazisti, una vera e propria epopea dell’accoglienza, della carità, dell’amore, tra innumerevoli rischi e pericoli, in gran parte ancora tutti da raccontare?

Allora perché il Papa preferì conservare un atteggiamento molto riservato?
Una protesta pubblica e plateale non avrebbe fatto altro che provocare una reazione ancora più violenta da parte dei Nazisti ed ostacolato la sua azione, silenziosa, sollecita e, fin dove fu possibile, efficace.. E’ anche il caso di ricordare che Hitler in persona aveva dato disposizioni perché Pio XII fosse arrestato e portato in esilio e solo i suoi ufficiali e diplomatici in Italia riuscirono a dissuaderlo dall’attuazione di questo piano diabolico.

Un ulteriore dato statistico illuminante: la Chiesa Olandese protestò energicamente e ciò nonostante circa il settanta per cento degli ebrei olandesi fu ugualmente deportato, il Vaticano agì in silenzio e il novanta per cento degli ebrei romani si salvò.

Allora chi è stato Papa Pacelli?
Il bianco Padre che restò da solo a Roma, quando tutte le autorità erano fuggite, lui che è corso per primo al quartiere di San Lorenzo, appena bombardato, e ritornò in Vaticano con la veste intrisa di sangue.
Era l’uomo di cultura che con il suo grande cuore voleva salvare il mondo intero: con la pace tutto si salva, con la guerra tutto è perduto! Era il Pastore angelico che amava, a voce bassa, sussurrare parole d'amore sincere, che sgorgavano dal cuore, perché Lui sapeva ascoltare il suono delle lacrime dei più deboli e amava raccogliere i cocci provocati da un odio diffuso e, con pazienza, li aggiustava, pur rischiando di rimanerne egli stesso ferito.

Era il papa che sapeva aspettare, sapeva ascoltare, lui che sentiva e percepiva ogni singolo impalpabile mutamento della storia, e, pur di non far male, amava e pazientava, anche morendo dentro a poco a poco, sapendo per questo chiudersi a riccio. E così, in punta di piedi, è arrivato, in silenzio, ad allontanare la sofferenza, per lasciare spazio, piangendo, all’amore concreto e per ridare sorrisi, senza imitare coloro che in pubblico si arrabbiano, che urlano, che in effetti poi fanno più male che bene, ma non si convincono che così facendo alimentano il seme dell'ingiustizia.

Impariamo dai nostri saggi antenati che dicevano “parce sepultos”: non diciamo male a questo grandissimo papa, non facciamo del male, mentre, non sapendo ancora spogliarci delle nostre paure, rischiamo ancora una volta di piegare le ginocchia della “fede” a chi vuole, delirando, manipolare la storia ricoprendola solo di ombre graffianti e menzognere.

Don Mimì Fazioli

di don Mimì FazioliTrivento (CB), 9 ottobre 2008

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