L’erba del vicino è sempre la più verde | Diocesi di Trivento

Riflessioni

L’erba del vicino è sempre la più verde

Anzi sembra più verde.
Sabato scorso c’è stata in Trivento la commemorazione del quarantesimo della morte di don Lorenzo Milani. La sala era piena, grande l’interesse da parte del pubblico, tanti i giovani studenti, grazie alla sensibilizzazione operata dai solerti insegnanti. Bellissima e colta la conferenza da parte del relatore, il prof. Francesco Milanese, giovanissimo, ma di grande spessore nella conoscenza della vita e delle opere del sacerdote toscano. L’esperto professore soprattutto è stato capace di prendere per mano l’uditorio e condurlo ad approfondire e a gustare la indubbia originalità e la disarmante attualità del pensiero e dell’opera di don Milani: la scuola, la pace, la libertà e la responsabilità personale.

Ma, mentre naturalmente si facevano tanti illustri riferimenti anche ad altri sacerdoti (Dossetti, Mazzolari, Turoldo, Balducci...) che hanno, giustamente, segnato la storia della Chiesa italiana di quel periodo, mi è venuto spontaneo, ad un certo punto, di pensare a due sacerdoti della nostra Diocesi, Don Gianico e don Dante, anche loro così bravi e così immersi nel sociale. Ho trovato perciò “azzeccato”, proprio in questo caso, il proverbio “l’erba del vicino è sempre la più verde”. No, sembra solo più verde!

Questi due nostri sacerdoti, e forse anche altri, profeti della tua Parola, che non eseguivano il solito spartito programmato, ma si sentivano preti e uomini liberi, coraggiosi e saggi a tal punto da saper dire quello che non diceva nessuno, da tentare di fare quello che nessuno allora faceva, a prezzo di passare per strani, sacerdoti contro controcorrente nei confronti dell'andazzo comune e dei soliti conformismi imperanti.

Mi spiego e preciso meglio. Don Gianico, nella città di Trivento, per tanti giovani del Molise ed oltre, provenienti persino dalle Puglie e addirittura dalla Calabria, non è stato il propagatore dell’amore allo studio e non ha dato una dignità di professionisti a centinaia e centinaia di giovani, i quali, altrimenti, sarebbero rimasti a continuare il, meritevole ma oscuro, lavoro dei campi dei propri genitori? E don Dante Rossi, del quale il giorno 4 novembre prossimo ricorre il trentesimo della morte, non è stato per tanti giovani, laici e preti, della nostra Diocesi la persona di riferimento sicuro, il grande formatore di generazioni di giovani di Azione Cattolica, il maestro di vita, l’antesignano dell’apertura al dialogo, il capofila di nuove esperienze di vita ecclesiale, più rispondenti alle mutate esigenze dei tempi?

Si don Dante e don Gianico sono stati due nostri sacerdoti eccezionali e diversi.

Don Dante, poi, resta ancora indimenticato e indimenticabile per chi ha avuto la fortuna di frequentarlo. Don Dante: forte nella dottrina, fedele nel servizio, ardente di zelo, vulcanico nelle iniziative, attento ai poveri e agli emarginati. Don Dante, il sacerdote che regalava in ogni occasione la gioia e il gusto della sua presenza sempre in mezzo alla gente, proprio lui audace nelle forme di aggregazione giovanile, intelligente e propositivo nella predicazione, umile e distaccato, quasi trasandato nello stile di vita. Negli incontri di gruppo, come pure nei dialoghi individuali, Don Dante era capace di imbrigliarti in argomentazioni convergenti, mai dispersive e sempre più stringenti, che ti lasciavano col cuore pieno di suggestioni convincenti, organizzate tutte intorno a tre costellazioni fisse: la centralità assoluta di Cristo, il profondo senso ecclesiale e la disponibilità a cogliere il fuoco e il vento dello Spirito.

Ancora oggi, quando all’imbrunire si accendono in cielo le prime stelle della sera e ritornano alla mente le struggenti parole e le nostalgiche note di “al cader della giornata”, qualcuno ancora pensa con gratitudine a questi due sacerdoti, don Dante e don Gianico, che hanno acceso faville di speranza da spendere sempre intorno al falò della vita.

Don Mimì Faziolidi don Mimì FazioliTrivento (CB), 31 ottobre 2007

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