Domenica 10 novembre | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 10 novembre

Liturgia: 2Mc 7, 1-2.9-14; Sal 16; 2Ts 2, 16-3, 5; Lc 20, 27-38Domenica 10 novembre La risurrezione – la vita oltre la morte – è questione di sempre e di tutti, ma è innanzitutto il messaggio centrale della predicazione cristiana. Anzi, il profeta Ezechiele indica la capacità di far risorgere come il modo certo per riconoscere il vero Dio. Solo Dio può e fa risorgere dopo la morte: "Riconoscerete che io sono il Signore quando aprirò le vostre tombe e vi risusciterò... L'ho detto e lo farò".

La vita dopo la morte è diversa da quella di prima. I giudei invece pensavano che i morti continuassero le abitudini della vita. Una concezione giustamente considerata ridicola dai sadducei. I risorti appartengono a un mondo nuovo, dove sono uguali agli angeli. Il matrimonio finisce con il mondo presente.

Gesù è posto dinanzi a nuovi ostacoli per farlo inciampare. Questa volta i sadducei gli propongono la falsa parabola dei sette mariti per una sola donna sette volte vedova, per ironizzare sulla resurrezione. La domanda sembra essere sul matrimonio ma, in profondità, è una domanda sulla vita e sulla morte. Qui non si parla di poligamia, ma dello sguardo oltre la morte. Gesù dice che la morte è sconfitta per "coloro che sono di questo mondo" e pensano di procurarsi l'immortalità attraverso la generazione biologica. Gesù, con la sua pasqua di morte e resurrezione, ha rinnovato l'esistenza umana facendola degna di un altro mondo, degna della risurrezione dai morti. Per quelli di Gesù, quindi, lo stesso matrimonio è "sacramento", segno della comunione con il Figlio di Dio.

Dopo la parabola dei contadini sfaticati e omicidi, gli scribi e i capi dei sacerdoti provocano Gesù con la moneta di Cesare. Oggi si fanno avanti i sadducei, per i quali non importa cosa sarà dopo quella donna, ma di chi sarà dopo. Se Dio è Dio dei vivi, allora la morte è vinta. La donna non sarà di nessuno, perché nessuno può possedere ed essere posseduto da nessun altro, perché ciascuno e tutti siamo solo del Signore.Mons Angelo Sceppacerca10 novembre 2013
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