Commento al Vangelo
Domenica 9 febbraio
Liturgia: Is 6, 1-2.3-8; Sal 137; 1Cor 15, 1-11; Lc 5, 1-11In quel tempo, mentre la folla gli faceva ressa attorno per ascoltare la parola di Dio, Gesù, stando presso il lago di Gennèsaret, vide due barche accostate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedette e insegnava alle folle dalla barca. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: «Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca». Simone rispose: «Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti». Fecero così e presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano. Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche fino a farle quasi affondare. Al vedere questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: «Signore, allontànati da me, perché sono un peccatore». Lo stupore infatti aveva invaso lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: «Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini». E, tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.
Dio chiama. Oggi ne abbiamo la visione maestosa e l'eco pacato e quasi ordinario nell'episodio del vangelo. Isaia profeta è davanti al Signore tre volte Santo: si spiega il suo batticuore e la coscienza della propria bassezza. Solo dopo che un serafino gli ha purificato le labbra con un carbone ardente, Isaia è pronto a rispondere all'appello: "Eccomi Signore, manda me!".
Gli stessi sentimenti si percepiscono nella vicenda della fantastica pesca dopo una notte inconcludente, quando Pietro e gli altri decidono di fidarsi della sua parola. Davanti allo straordinario miracolo, Pietro non si getta al collo ma alle ginocchia di Gesù, consapevole di essere indegno perché peccatore. Gesù lo rassicura e lo chiama a seguirlo. Pietro lascia tutto e lo segue.
Anche Paolo ricorda bene di essere stato un persecutore di Gesù nei suoi discepoli e, dunque, non meritevole di essere chiamato apostolo, ma assegna a Dio ogni meraviglia, compresa la chiamata a predicare il Vangelo.
Ogni visita di Dio ci fa riconoscere poveri, inadeguati, limitati e, soprattutto, peccatori. È la sua misericordia e il suo perdono a trasformarci in apostoli della buona notizia che cambia una vita. Commentando la Parola di oggi, Papa Benedetto disse: "L'umiltà testimoniata da Isaia, da Pietro e da Paolo invita quanti hanno ricevuto il dono della vocazione divina a non concentrarsi sui propri limiti, ma a tenere lo sguardo fisso sul Signore e sulla sua sorprendente misericordia, per convertire il cuore, e continuare, con gioia, a lasciare tutto per Lui".
La vicenda di uno, Pietro, coinvolge radicalmente anche gli altri. "Pescatore di uomini" non è solo incarico degli apostoli, ma di ogni esistenza totalmente rinnovata nel rapporto con il Figlio di Dio. È formidabile il contrasto tra il nulla di prima e l'eccedenza della pesca fatta sulla parola di Gesù. Ogni incontro col Signore rivela il nostro niente e provoca la crisi che apre alla salvezza e alla vita nuova.
C'è folla intorno a Gesù per ascoltare la Parola di Dio. Gesù parla e Simone, sulla sua Parola, getta le reti. La Parola chiede la fede, poi viene la chiamata che è come una profezia: "Sarai pescatore di uomini". I chiamati lo seguono.
La parola di Gesù è Parola di Dio. Pietro lo comprende e, sentendosi peccatore, chiede al Signore di allontanarsi da lui. Gesù non solo non si allontana, ma entra nella vita dell'uomo e la riempie, sale sulla barca di Simone e lo rassicura facendolo partecipare ad una pesca prodigiosa. Gesù parla, opera e chiama con decisione, da protagonista; è lui che predica dalla barca. Questa deve essere la predicazione evangelica: prestare al Signore la nostra barca, la nostra persona, la nostra vita.
Gesù chiama i suoi primi apostoli partendo dal loro mestiere e da una notte senza pesca. Simone aveva sentito le parole del Signore dalla barca; ora esegue il suo comando: getta le reti e poi lo segue, aderendo alla chiamata, ma ancor più cedendo alla sproporzione tra il nulla di prima e la grande quantità di pescato che quasi strappa le reti e affonda le barche. Simone è un pescatore e si sente povero, come si riteneva la vergine di Nazaret, ma obbedisce (come Maria, come Abramo) e la barca si riempie di pesci. In fondo, la parola del Signore è la stessa ad ognuno: "Non temere".
L'essere inadeguati, sentirsi peccatori dinanzi al Signore, sapere che ogni dono è sempre immeritato: è la condizione permanente di ogni uomo e ogni donna. Il discepolo è chiamato e salvato, ma è sempre segnato dalla ferita della coscienza di essere peccatore. Altre sono le religioni che fanno pari tra l'uomo e Dio. La fede ebraico/cristiana sa che è impossibile, fuori dalla pura misericordia di Dio. Dinanzi alla Parola e al Segno, capiamo di essere alla presenza di Dio, proprio noi peccatori. Per questo, alla fine, non ci si preoccupa più di nulla, si lascia tutto per seguire Gesù.
Erri de Luca: Dalle sponde del mare di Tiberiade iniziò un'avventura che molti ha cambiato, che tanti ancora affascina. Reti annodate da dita ferite, incallite, bruciate dal sole, solcate da attese e fatica. Forse sarà un giorno fortunato, il mare sarà generoso … forse la rete sarà riempita da quel tanto che serve alla povera gente per sbarcare il lunario. Forse. Ma il pescatore non si fa illusioni. Buttare la rete è il suo mestiere, riempirla è affare della corrente. E la corrente quel giorno cambiò direzione: da pescatori furono pescati. "Li chiamò. Ed essi subito lasciarono tutto e lo seguirono".
Mons Angelo Sceppacerca9 febbraio 2025