Un libro di Don Erminio Gallo: Rocco di Montpellier tra storia e agiografia | Diocesi di Trivento

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Un libro di Don Erminio Gallo: Rocco di Montpellier tra storia e agiografia

Un libro di Don Erminio Gallo: Rocco di Montpellier tra storia e agiografia

San Rocco di Montpellier è un santo popolarissimo, venerato in tutta Italia, specialmente nel Meridione, dal 1600, dopo la Grande Peste che sconvolse quel periodo, in cui sorsero numerose chiese con affianco lazzaretti e cimiteri a lui dedicati, invocando la sua protezione e la sua intercessione per la guarigione del morbo pestilenziale. Una figura in cui storia e leggenda si mescolano, e su cui, Don Erminio Gallo, attraverso una paziente ricostruzione storica ed agiografica, intende fare luce, depurando questa figura dagli aspetti anacronistici, favolistici e mitici, riconsegnandola alla verità storica. Va sottolineato, come specifica Paolo Ascagni, nella Prefazione che "Rocco è un uomo, peraltro, che la sua scelta di fede l'ha tradotta in una coraggiosa e durissima coerenza cristiana, rinunciando ad ogni bene materiale (per essere precisi, ad una fastosa ricchezza) e dedicando tutta la sua vita ad aiutare i malati, nelle condizioni spaventose del suo tempo e rischiando il contagio di una malattia orrenda come la peste... San Rocco non e mai una figura ieratica e lontana, non è un giudice inflessibile, non è un santo da piedistallo; e invece un uomo vicino al popolo, una figura paterna e affettuosa, un amico con cui confidarsi, il buon fratello maggiore a cui appoggiarsi nei momenti difficili, e non solo".

Nella sua indagine, don Erminio Gallo ha ripercorso, in modo metodico ed ordinato, le fasi salienti della vita e leggenda del Santo, dando conto, per ogni singolo aspetto, dei dati assodati e di quelli in discussione, presentando i risultati delle ricerche e le relative tesi dei principali studiosi rocchiani. Lo studio si compone di quattro capitoli e di un'appendice.

Essendo san Rocco vissuto nel secolo XIV, il primo capitolo analizza il contesto e alcune tematiche di quel periodo riscontrate nelle Vitae sancti Rochi. Il secondo tratta le diverse redazioni agiografiche ripercorrendo le tappe principali segnanti l'esistenza terrena del giovane santo, con le relative problematiche. Il terzo si sofferma sull'aspetto liturgico, mentre l'ultimo presenta le traduzioni italiane delle principali Vitae del venerato taumaturgo. Chiude il lavoro un'appendice contenente i testi latini delle fonti più note e di alcune opere antiche, fondamentali per accostarsi allo studio del celebre operatore di misericordia.

Il contesto storico dell'epoca di San Rocco e lo "status quastionis".

Dopo aver inquadrato nel primo capitolo il contesto storico con i Concili di Costanza e Ferrara-Firenze, il significato e la storia del pellegrinaggio nella tradizione cristiana, devozionale e penitenziale, la sua importanza nel Medioevo come cammino di santità laicale, connotato dal particolare abbigliamento del pellegrino che rimandava a simboli e allegorie, e la tematica della peste nera infonteggiabile del 300, con le interpretazioni dovute alla collera divina per i peccati o la stregoneria o agli Ebrei, a cui seguì la carestia con le rivolte contadine, l'autore nel secondo entra nel dettaglio sullo "status quaestionis" su San Rocco. Partendo dall'analizzare le Vite di San Rocco scritte tra fine del 400 e l'inizio del 500, un secolo e mezzo circa dopo l'esistenza del santo pellegrino, in cui emerge un ginepraio di congetture sulla morte del santo ad Angera dei Longobardi per mano di suo zio, sul presunto intervento miracoloso contro la peste portando in processione un' effige del santo al Concilio di Costanza (o Ferrara), conclude con il Bolle che le più antiche ed affidabili risultano essere le opere a stampa della Vita sancti Rochi di Francesco Diedo e degli Acta breviora, rispetto ai corrispondenti manoscritti che registravano manipolazioni, omissioni e aggiunte non plausibili.

Passando ad analizzare la personalità del Santo, il primo problema affrontato è sul suo essere persona storica realmente esistita scorporando gli elementi leggendari ed agiografici da quelli storici. Da un primo esame, singolari sono le coincidenze, evidenziate dal Bolle e dal Duchesne, con San Rocho o Raco, Vescovo di Autun e martire, vissuto nel VII secolo d.c. protettore contro le tempeste, festeggiato in Linguadoca, la regione di Montpellier, il 16 agosto, risolte con il Goddam e altri che spiegano come il culto di un San Rocco sconosciuto del Nord Italia nel 400 sia trasmigrato a Montpellier e qui indentificato come vescovo martire protettore contro le tempeste e quindi diffuso nel Delfinato e Autun, e non viceversa, e quindi  come sia stato il culto nella Linguadoca ad essere all'origine della grande fioritura del culto di san Rocco protettore contro la peste, iniziata a Brescia e a Voghera al momento dell'epidemia del 1468-69, identificando "grande tempesta" con "peste". A Treviso, inoltre, si trova intorno alla metà del secolo XIII la menzione di un "Beato Rocco confessore", un santo locale omonimo del Rocco di Montpellier, che potrebbe essere l'origine di tutto.

La seconda questione, più complessa, riguarda la cronologia della sua vita, che si scontra con svariate incongruenze storiche, per cui la maggioranza degli studiosi concorda come periodo della sua esistenza in vita quello compreso tra il 1345/1348 come nascita e la morte tra il 16 luglio o 16 agosto 1376/1379.

Sull'origine del nome vi sono ipotesi prevalenti della derivazione di esso dal cognome Roq o Rog, oppure Roque, dell'area di Montpellier.

In merito alla vita, gli Acta Breviora contestualizzano la morte del padre di Rocco a 15 anni, da un certo Giovanni, che dopo questo evento si fa pellegrino penitente in Italia, assumendo l'abito tipico del pellegrino. Seguendo gli autori Paolo Fiorentino e altri, Rocco sarebbe passato in Liguria e Toscana e, attraverso Acquapendente, giunto a Roma, che trovò devastata dalla peste e senza indugio come volontario si prestò a soccorrere gli ammalati nell'ospedale locale, dove,  in quel periodo incontrò ad  intorno al 1367, il Papa Urbano V oppure un cardinal legato oppure altro ecclesiastico (gli storici non concordano affatto sulla questione) che, secondo le indagini del Maurino, forse le più attendibili, corrisponderebbe al cardinale Anglic de Grimoard, fratello di Urbano V che il Santo, mandato a chiamare dallo stesso porporato, avrebbe guarito dalla peste. Si trasferì poi, seguendo i Gesuati, in Acquapendente. In questa località il santo si mise a servizio dei malati tracciando su di essi il segno della croce, con il quale restituì loro la guarigione. Quindi risalì a Cesena, dove parimenti si mise a servizio dei malati, e altre tappe si registrano, dai vari storici, in Romagna, zona di Vicenza, Piacenza, Novara, Marca Trevigiana. A Piacenza fu colpito lui stesso dalla peste bubbonica, e qui nacquero le leggende agiografiche relative del cane che recava a lui il pane quotidiano e dell'acqua miracolosa. Qui il Santo guarì e fu assistito da un certo Gottardo, che divenne suo discepolo, in alcuni identificato come della famiglia Pallastrelli, da altri della famiglia Colombo, da cui discenderebbe Cristoforo Colombo. Da qui poi si mosse verso Voghera in Lombardia, località più probabile rispetto a Montpellier o Angera, in quanto vi sono testimonianze sia di un culto del 1382, nonché notizie del 1400 sulla sepoltura del suo corpo e di una sua successiva traslazione a Montpellier, dove fu catturato, imprigionato oppure riconosciuto dopo la morte da un suo zio, e qui, dopo 5 anni di prigionia, sarebbe morto un martedì 16 agosto, per cui la data della morte si collocherebbe nel 1379.

Culto e canonizzazione, ila questione delle reliquie, le fonti.

Nel terzo capitolo si affronta la questione del culto e della canonizzazione: Rocco non fu mai canonizzato ufficialmente dalla Chiesa ma il suo culto fu riconosciuto, come asserito nel permesso concesso dalla Sacra Congregazione dei Riti Ecclesiastici, nel 1629, di poter recitare l'ufficio del santo, in cui si affermava che san Rocco di Montpellier, non ancora canonizzato né beatificato dalla Sede Apostolica, era stato reputato beato dal Concilio di Costanza nel 1414, sanzionando di fatto un culto popolare esistente, anche se non attraverso un formale decreto.

Il culto si sviluppò precedentemente a tale Concilio prima da Montpellier in Francia per poi diffondersi in Italia, con l'eccezione di Voghera, in cui è attestato dal 1382, e comunque fu riconosciuto in più atti dalla Sede Apostolica, che confermò la tradizione popolare. Nel 1547 Paolo III lo dichiarò professo del Terz'Ordine Francescano e nel 1694 Innocenzo XII prescrisse all'Ordine Francescano l'obbligo di celebrare solennemente la festa del Santo.

La questione delle reliquie appare molto complessa, tra Montpellier, Arles, Voghera e Venezia. L'ipotesi più probabile, seguendo la storia delle reliquie del Santo, è che il suo corpo sia stato traslato da Voghera a Venezia. Appare leggendaria l'ipotesi di un primo trasferimento da Voghera ad Arles e parte a Montpellier, e quindi in occasione di una guerra, in fatto che sia stato trafugato dai soldati in quest'ultima località. A Voghera, il corpo è stato custodito nella Chiesa di Sant'Enrico, da dove, grazie ad un furto perpetrato o una traslazione pacifica, parte sia giunta a Venezia, e da qui reliquie in Germania grazie ai mercanti.

Va poi affrontata la questione delle notizie sulla vita e il culto dei santi riportate nei Martirologi: Va segnalata l'edizione del 1586 del Card. Cesare Baronio, il Martyrologium Romanum Ad novam Kalendariirationem, et Ecclesiasticae historiae veritatem restitutum, dove san Rocco è presentato così: «A Montpellier, in Francia, e la deposizione del beato Rocco il quale, con il segno della croce, liberò molte città dell'Italia. dalla peste. Il suo corpo fu poi traslato a Venezia». Il card. Baronio metteva in risalto la commemorazione del santo a Montpellier, il suo passaggio in molte città italiane liberate dalla peste con il segno della croce e la traslazione delle sue reliquie a Venezia, specificando che i resti del santo giunsero nella città lagunare nel 1485 e menzionando che in onore di san Rocco sorsero, in molti luoghi, immagini, altari, cappelle e chiese.

Infine nel quarto capitolo, Don Erminio Gallo ci offre una traduzione dai testi originali delle Vite del Santo Pellegrino più importanti: l' "Istoria" di San Rocco di Domenico da Vicenza, la "Vita" di Domenico Diedo, prefetto di Brescia, la "Vita del glorioso confessore san Rocco di Montpellier, in Francia, difensore contro la peste, composta da Paolo Fiorentino Aldigheri; l' Autore anonimo, dal manoscritto del marchese di Belfort, proveniente dall'abbazia di Notre Dame de Bethléem ad Herent, presso Lovanio, comparato con due altri manoscritti appartenenti ai monasteri dei Celestini di Parigi e di Amiens; la Vita di san Rocco confessore t,rascritta da Bartolomeo Dal Bovo; la Vita di san Rocco composta da Ercole Albiflorio; La vita, la leggenda, i miracoli e le preghiere del venerabile san Rocco glorioso uomo di Dio il quale, per mezzo delle sue virtù e intercessioni, ha fatto sì che Dio concedesse a chiunque lo richiedesse con devozione la cura contro tutte le pestilenze di Jehan Phelipot; la Vita di san Rocco composta da Albert Krantz.

Chi è veramente San Rocco?

Nelle conclusioni emerge con sicurezza che san Rocco è stato un laico e non è appartenuto a nessun Ordine religioso, un semplice uomo che resto tale fino al giorno della sua morte; si tratta di un pellegrino, morto in odore di santità; è stato un operatore di misericordia che si è dedicato all'assistenza dei bisognosi, degli infermi e degli appestati.

Conclude l'autore : "Da questo nucleo essenziale è difficile intravedere san Rocco come un doppione della figura di san Raco vescovo di Autun. Si tratta di due santi diversi, omonimi, vissuti in epoche differenti con proprie caratteristiche identificative. Anche se in Francia si e venuta a creare una confusione liturgica tra questi due santi, è certo che il culto forte attestato in Italia, soprattutto nella zona centro settentrionale, permette di affermare l'esistenza storica di un pellegrino caritatevole, la cui identità non può essere negata. Il culto sussistente in Italia, ben documentato, non lascia scorgere sdoppiamenti e, sin dall'inizio, venne espresso lodevolmente nelle opere artistiche... Tutto lascia presumere, con assoluta certezza, che le reliquie del santo non furono mai presenti a Montpellier, ma a Voghera per essere poi traslate a Venezia, dove sono ufficialmente attestate dal 1485... la santità del giovane pellegrino, noto con il nome di Rocco, fu riconosciuta subito dal popolo e, solo in seguito, ratificata dalla Chiesa... Il giovane pellegrino di Montpellier... è di grande rilievo grazie ai suoi insegnamenti, attuali e indispensabili per la collettività contemporanea... in particolare la carità, la ricerca di Dio e la speranza".

Don Francesco MartinoAgnone, 3 ottobre 2022

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