Commento al Vangelo
Domenica 3 novembre
Liturgia: Dt 6, 2-6; Sal 17; Eb 7, 23-28; Mc 12, 28-34In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: "Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l'unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza". Il secondo è questo: "Amerai il tuo prossimo come te stesso". Non c'è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all'infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l'intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.
Nel dialogo tra lo scriba e Gesù c'è l'incontro tra la profezia e il compimento. La domanda del primo è tipica del mondo rabbinico alla ricerca del senso profondo di tutta la Legge. La risposta di Gesù parte dal cuore della fede ebraica ("Ascolta, Israele") per scoprire come il grande comandamento dell'amore di Dio sia legato stretto col secondo, "Amerai il tuo prossimo come te stesso". Quest'ultimo (l'amore donato) è la risposta esigente al primo (l'amore ricevuto). In parole umane è dire che la vita dell'altro ci è cara come la nostra.
Gesù incontra uno scriba: un dialogo bellissimo e così straordinario che alla fine Gesù dirà a quest'uomo: "Non sei lontano dal regno di Dio". È come dire: sei vicino, perché hai capito che l'amore è il cuore, la vita del credente, perché è anche la più alta celebrazione del mistero di Dio. E Gesù si mostra ancora una volta come il vero Maestro, perché come ogni vero "rabbi", è capace di indicare, partendo dalla propria esperienza personale, il centro vitale del rapporto con Dio, che è il primo di tutti i comandi. Questo secondo la grande Tradizione, che aveva nell'Ascolta, Israele il cuore della fede ebraica; ma Gesù manifesta una novità inaudita: al cuore della fede c'è la totale correlazione tra il primo e il secondo comandamento; entrambi rivelano il comandamento dell'amore.
Perché l'amore del prossimo è primo come quello di Dio? Perché in Gesù Dio si è fatto prossimo a noi assumendo la nostra carne. In lui il prossimo è ogni carne, ogni uomo e donna della terra. Se tutti sono prossimo allora anche tutti i comandamenti sono comandamenti dell'amore, di Dio e del prossimo, autentica risposta, esigente ed incondizionata, all'amore ricevuto, da Dio e dal prossimo. Il vangelo di Luca, nella parabola del buon Samaritano, spiegherà chi è il prossimo. E il riferimento agli antichi sacrifici porta al sacrificio che Gesù fa di se stesso.
L'uomo è fatto per amare Dio con tutto il cuore, l'uomo è fatto ad immagine di Dio che è amore, e amando diventa ciò che è: immagine di Dio, figlio di Dio. Amare è essere l'altra parte di Dio, per questo il rapporto nuziale, tra lo sposo e la sposa, è figura del rapporto Dio-uomo. "Amerai" è futuro imperativo, come se Dio ci dicesse: "Te lo ordino, amami". Fa tenerezza un Dio che parla così, che ordina l'amore.
E il secondo viene dal primo, perché l'amore del Padre lo si vive amando i fratelli "come noi stessi". Ci si ama riconoscendo che Dio ci ama così, con tutto il cuore, con tutta la vita, con tutta la forza. La prova è Gesù. È l'amore che ci fa dire: questo è bene, lo scelgo; questo è male, non lo faccio.
L'insegnamento di Gesù è assolutamente nuovo perché mette sullo stesso piano il primo e il secondo comandamento. Da questa fonte sgorgano tutti gli altri come comandamenti dell'amore di Dio e del prossimo. Persino il culto e i sacrifici nel tempio hanno significato perché segni di amore in risposta all'amore di Dio. L'amore è la vita del credente e la più alta celebrazione di Dio stesso.
Anche il comandamento dell'ascolto ("Il primo è: "Ascolta, Israele!"), ha a che fare con l'amore. Ascoltiamo, allora, anche la parola di uno che dice di non essere arrivato alla fede, ma che spesso si confronta con le parole sacre della Scrittura, Erri De Luca.
Quando si dice in termini cristiani "ama il prossimo tuo come te stesso" sembra che tu debba amare tutto il mondo perché tutto il mondo è prossimo. È vero il contrario. Il prossimo è il superlativo di vicino, è il vicinissimo. Solo quello che ti sta vicinissimo tu puoi farcela ad amare, solo quello. Il contrario di uno non è zero, è due. Il due è la possibilità dell'incontro. Il due non è il raddoppio della mia personalità, ma il contrario della mia solitudine, l'interruzione, il brusco scioglimento, l'azzeramento della mia solitudine. (…). Ti è imposto però di amare quello che sta proprio vicino a te, quello che inciampa un metro davanti a te. Allora la possibilità di far dilagare l'amore del prossimo, cioè verso il vicinissimo, è la base della tenuta sociale. Se noi riuscissimo semplicemente a conservare affetto per il vicinissimo, per il compagno di banco in difficoltà avremmo risolto il nostro problema di solidarietà mondiale, civile.
Mons Angelo Sceppacerca3 novembre 2024