Commento al Vangelo
19 maggio - Pentecoste
Liturgia: At 2, 1-11; Sal 103; Gal 5, 16-25; Gv 15, 26-27; 16, 12-15In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio.
Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».
Le cose di Dio hanno un peso che supera le nostre possibilità. Per comprenderle occorre un aiuto dall'alto: lo Spirito. Anche per comprendere Gesù ci vuole la luce dello Spirito. Ecco perché la Pentecoste è la Pasqua compiuta. Oggi, infatti, lo Spirito Santo rende presente il Risorto e questa presenza dà inizio al tempo della Chiesa: "Come il Padre ha mandato me, io mando voi". Da questo momento il vento dello Spirito porterà i discepoli sino agli estremi confini della terra.
Sette sono i doni dello Spirito. I sette doni – sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà e timore di Dio – sono i frutti sbocciati dall'amore e danno tutti una sorta di istinto nel percepire le cose divine. La sapienza fa gustare e vedere quanto è buono il Signore. L'intelletto dà il senso delle realtà della fede e ce ne dà una sicurezza amorosa e ce ne fa percepire la bellezza. Il consiglio è l'amore che ci rende attenti a capire come comportarci per essere figli di Dio. La fortezza è la sopportazione e la fermezza calma nelle prove; è la mitezza dell'Agnello immolato e vincitore. La scienza dona l'istintiva capacità di distinguere il bene e il male, percependo la nostra piccolezza e che tutto è nelle mani di Dio. La pietà ci dice fino a che punto Dio è nostro Padre e va amato al di sopra di tutto. Il timore di Dio è la percezione della nostra piccolezza dinanzi alla sua maestà e ci rende docili spingendoci nelle sue braccia.
Gesù manda lo Spirito, il Consolatore, dal Padre a noi. E a noi lo Spirito darà testimonianza di Gesù perché a nostra volta possiamo testimoniarlo come coloro che sono stati con lui fin dal principio, anche se siamo di questo secolo, perché Lui, lo Spirito, ci "inzuppa" in tutta la memoria delle Scritture. Lo Spirito ci porta fin dentro a tutta la storia della salvezza, in perfetta attualità. La "Parola" non ha bisogno di essere attualizzata, perché è nel presente di Dio; è la nostra storia, al contrario, che deve e può essere rinnovata dallo Spirito alla perenne novità della Parola di Dio.
È il 50° giorno di Pasqua, Pentecoste; è forte il soffio dello Spirito che spalanca le porte alla testimonianza della risurrezione di Gesù! È così grande questo soffio di vita che ancora non siamo capaci di portarne il peso, come dice Gesù. Tutto il tempo che abbiamo davanti sarà riempito dall'opera dello Spirito che ci condurrà a tutta la verità.
Lo Spirito "viene" a noi, per noi. Anche Gesù è venuto per noi. Nessuno viene per sé stesso, ognuno è per l'altro. Ecco perché la nostra obbedienza non è costrizione, ma risposta di amore e di libertà. La nostra fede non appartiene a un monoteismo rigido perché il Dio di Gesù Cristo è "per l'altro", Dio è Amore! E proprio lo Spirito, nella sua testimonianza, è la presenza definitiva di Dio nella storia. È lo Spirito del Cristo risorto ormai presente nell'umanità e nella storia dell'uomo. Qui sta il principio della pace che non è un equilibrio tra due antagonisti, ma l'amore reciproco di due realtà che vivono l'una per l'altra.
Mons Angelo Sceppacerca19 maggio 2024