Commento al Vangelo
Domenica 13 ottobre
Liturgia: 2Re 5, 14-17; Sal 97; 2Tm 2, 8-13; Lc 17, 11-19Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va'; la tua fede ti ha salvato!».
I dieci lebbrosi rappresentano l'umanità intera; ognuno di noi è in quel gruppo. Tutti malati gravi, in un modo o nell'altro; tutti guariti da Gesù che va verso Gerusalemme a dare la vita per tutti. Chi si rende conto del dono ricevuto, torna a Gesù per ringraziarlo della salvezza: questa è l'Eucaristia che poi rinvia agli altri perché tutti possano vivere in comunione con il Padre e con i fratelli.
In poche righe dieci verbi di movimento, e otto scene diverse. È un cammino di tutti: di Gesù verso Gerusalemme, dei lebbrosi verso di lui, dei lebbrosi verso i sacerdoti, di quello samaritano di nuovo verso Gesù, dello stesso da Gesù verso tutti.
I lebbrosi non solo vengono guariti da Gesù, ma anche purificati. Guarigione e purificazione sono due cose diverse. Se il malato si scopre guarito, deve presentarsi ai sacerdoti, che ne attestano la guarigione e compiono la purificazione per lui. Qui la purificazione avviene prima dell'incontro con i sacerdoti. L'incontro con Gesù è la fonte della purificazione. Dell'ultimo si dice non solo che è stato purificato, ma anche che è stato salvato. La guarigione è un miracolo; per la salvezza occorre la fede.
I malati alzano la voce e supplicano Gesù di avere misericordia. E siamo liberi di ringraziarlo per il dono della purificazione (ogni cristiano la riceve nel battesimo). I lebbrosi sono, nella società di quei tempi, i più poveri tra i poveri, perché alla malattia aggiungono l'emarginazione, la solitudine forzata; anche ai tempi di san Francesco; anche ai giorni nostri.
Il lebbroso samaritano, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio: è il punto più importante di questo Vangelo, accorgersi di essere stati amati e desiderare di stare col Signore. È il senso dell'Eucaristia: rendersi conto di essere dei lebbrosi guariti. A tenere insieme i dieci lebbrosi è la comune malattia. Poi viene fuori la differenza, al momento del ringraziamento, quando ci si rende conto che c'è qualcosa più importante della salute, la relazione con Gesù e il fare strada con lui, verso Gerusalemme.
È la sola volta che un discepolo chiama Gesù "Maestro"; prima e ancor più della guarigione, il grido è "Abbi pietà di noi!", la preghiera essenziale, il farmaco salva-vita.
Ringraziare è cantare e lodare per aver scampato la disperazione e perché, seguendo Gesù a Gerusalemme, alla fine si trova un padre.
Mons Angelo Sceppacerca13 ottobre 2019