RiflessioniUna riflessione sulla propria ordinazione sacerdotale Solitamente i bilanci sono roba che si fanno a fine anno. A qualche prete invece piace anche di farli in questo periodo, a metà anno, fine giugno, più o meno proprio in occasione della ricorrenza della propria ordinazione sacerdotale.E così più ci si addentra negli 'anta' e più ci si accorge di essere cambiati, e magari, volesse il cielo, anche un po' più cresciuti e maturi nella fede...Ma questo lo dico senza autocelebrazione alcuna, né mi importa se qualcuno lo pensi o lo dica! Ogni anno che passa, io mi accorgo di aver scoperto di indossar bene la mia età, anzi mi piace anche quella nuova consapevole sicurezza acquisita. Certo le rughe sono più accentuate e la palpebra che cala sempre di più ci potrebbero stare a contraddire, ma fan parte di me, di quel che ero e di quel che ora sono. Più mi attardo a specchiarmi nel mio io per capirmi e più mi accorgo di non dover dipendere dal sorriso altrui, ma semplicemente dal mio, di volermi almeno quel po' di bene che nessun altro mi può donare, se non il Signore.Già, perché un sacerdote non ama l'ostentazione del proprio io, ma si rifugia sempre in Colui che egli rappresenta.Ci vuole ben altro e molto di più che CARATTERE e PERSONALITA', CORAGGIO e CERVELLO. Ci vorrebbe, e basterebbe, solo tanta grazia del Signore.Guardando indietro, sbobinando pazientemente la pellicola del mio passato, mi accorgo di aver sudato...lottato, anche contro me stesso, cadendo e rialzandomi... piagnucolando e asciugandomele quelle lacrime silenziose, in segreto, raccogliendo e ricomponendo sempre i frammenti della mia dignità sacerdotale!!! Quanti errori, quanti incontri belli e quanti scontri verbali, anche con persone che credevo fossero rimaste per sempre amiche e che si sono dissolte nel nulla, mentre altre, che mai avrei immaginato, me le ritrovo invece vicine a darmi ancora e volentieri una mano...Quanta strada ho percorso nel viaggio che mi ha portato ad oggi, camminando 'a piedi nudi' per sentieri ora piani e fioriti, ora impervi e pieni di ciottoli, col sole e con la pioggia; sempre con quella così umana e fragile incertezza davanti ai bivi delle scelte della vita, eppure ho continuato e sono andato avanti sempre con mille dubbi e tante insicurezze, confidando e gustando il Suo fraterno aiuto.E in particolar modo sento oggi la sofferenza dell'ansia apostolica. Ho portato con fierezza quel dolore che non passa, quello che non ti fa respirare e ti annebbia la mente, che ti prende come una morsa allo stomaco e sale al petto, senza nessuna pietà, allorquando vedi le persone, quelle che credevi le più sensibili alla grazia, allontanarsi in un vortice di supina indolenza e d'indifferente freddezza. Ti dibatti tra la disperazione del momento e la ricerca di una via d'uscita, e quel dolore l'ho superato ogni volta, perché si ripresenta nella tua vita, non una volta sola, ma più e più volte.E mi sono messo in ginocchio a pregare forte, e coraggiosamente, anzi testardamente, rammaricandomi per chi con la vita propria ed altrui ci gioca sciupandola e non capendone veramente il senso profondo e il suo grande valore.Ho fatti miei alcuni versi di Alda Merini: Io non ho bisogno di denaro. Ho bisogno di sentimenti, di parole, di parole scelte sapientemente, di fiori detti pensieri, di rose dette presenze, di sogni che abitino gli alberi, di canzoni che facciano danzare le statue, di stelle che mormorino all'orecchio degli amanti... Ho bisogno di poesia, questa divina magia che brucia la pesantezza delle troppo vuote parole umane e che risveglia le emozioni e dà tanti colori nuovi.Vorrei dire, perciò, nonostante tutto, che, dopo 45 anni di sacerdozio, sono contento di essere quello che sono, un umile e semplice servitore del Vangelo, e vado avanti, con la testa china a tracciare diritti, il più possibile, i solchi della missione, col sorriso sulle labbra e con la voglia di vivere, intensamente, ogni attimo, sempre grato al Signore per i suoi innumerevoli benefici.don Mimì FazioliTrivento (CB), 1 luglio 2014Condividi pagina