Commento al Vangelo
27 aprile - Domenica della Divina Misericordia
Liturgia: At 5, 12-16; Sal 117; Ap 1, 9-11a.12-13.17-19; Gv 20, 19-31
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
La pace viene dopo. Prima viene la presenza del Risorto, il suo stare in mezzo a noi. È lui la nostra pace. La paura degli apostoli, barricati nel cenacolo, nasceva proprio dall'assenza di Gesù; era questa la loro solitudine e il loro smarrimento. Già i profeti avevano intravisto il Messia come "principe della pace". Anche lui lo dice: "Vi lascio la pace, la mia pace". Persino nell'angoscia, dinanzi alla città di Gerusalemme, con le lacrime agli occhi, la rimprovera: "Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace!".
Non c'è da aver paura, Gesù non è un fantasma. Se lo riconosci, esulti: "E i discepoli gioirono al vedere il Signore". La sua parola è ripetuta perché certa e programmatica: "Pace a voi" e "mando voi"; la prima dice "come" deve essere vissuta la seconda, attraverso i segni della passione e la parola della Pace.
La gioia di un incontro: "mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore". I discepoli si lasciano convincere e aprono gli occhi pieni di paura e di pianto. L'incontro prosegue coinvolgendo nella missione: "come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi". Si guarisce dalla paura aprendo il cuore e gli occhi degli altri.
Pasqua è un giorno lungo fino a Pentecoste, dura finché c'è ancora timore, fame, violenza, paura della morte. Ci vuole lo Spirito Santo, la forza di Dio, che non solo speranza di resurrezione, ma già esperienza. L'augurio della pace è ripetuto dal Risorto e accomuna la nostra missione alla sua per la stessa modalità, attraverso i segni della Passione. La missione dei discepoli ha a che fare con la presenza del Crocifisso, Signore della Pace! I discepoli per essere testimoni autentici del risorto devono mostrare loro stessi come persone risorte.
"Venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: Pace a voi!". Questo è il Vangelo di oggi. Ogni uomo e ogni donna desidera proprio questo: incontrare Gesù e ricevere il dono della pace. Le due cose vanno insieme, perché la pace è dono del Risorto.
Può capitare anche di notte, alla radio, ascoltare questi incontri di resurrezione. Lucia e Andrea. La prima, sconvolta dalla droga e dalla violenza fin da quando aveva 13 anni, il secondo con una lunga vita di alcolizzato alle spalle. Per entrambi, un giorno, l'incontro con dei cristiani vivi e, nella loro testimonianza, con il Signore Gesù. Per entrambi, una vita nuova, letteralmente "risorta" nella pace. Lucia opera nella comunità "Nuovi Orizzonti" a servizio di altri giovani, Andrea è padre di sei figli e cristiano impegnato in una comunità di evangelizzazione.
I risorti indossano la "veste bianca" (questa è la domenica in albis) di una mentalità rinnovata, secondo il Vangelo. Solo così si può gioire (questa è la colonna sonora delle letture di oggi) quando si donano i propri beni e si condivide la fede con la gente semplice (la lettura degli Atti), ma anche quando si è afflitti da varie prove (la lettera di Pietro). Si gioisce sempre, si è in qualche modo convinti della gioia, perché prima c'è la gioia di un incontro: "Venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: Pace a voi! Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore".
Pasqua dura cinquanta giorni e si compie a Pentecoste. È lo Spirito Santo, infatti, che rende presente il Risorto nella Chiesa e realizza la promessa di Gesù. A pasqua-pentecoste inizia il tempo della Chiesa: "Come il Padre ha mandato me, io mando voi". Da questo momento il vento di Dio porterà i discepoli sino agli estremi confini della terra e… fino al martirio. Come in una nuova creazione, lo Spirito del Risorto fa capaci i discepoli di qualcosa d'inaudito: perdonare i peccati. Vanno a tutti perché gli uomini e le donne, sotto tutti i cieli, hanno bisogno proprio di questo: misericordia e perdono. Perché il vecchio Pietro oserà spingersi fino a Roma? Perché Paolo rischierà ogni cosa spostandosi di paese in paese? E gli altri apostoli fino ai confini allora conosciuti? Perché lo Spirito aveva acceso in loro un amore più forte d'ogni legame e della loro stessa vita. Un amore unico per Cristo e per ognuno, perché in Cristo ci apparteniamo reciprocamente e si supera ogni estraneità. Quanta forza e quanta gioia in quell'esperienza di vedere Gesù in mezzo ai dodici, con le mani e i fianchi luminosi delle ferite dei chiodi. A Pasqua c'è da gioire immensamente perché si travasa in noi la stessa gioia del Risorto.
L'esperienza di Tommaso ci riguarda tutti perché ognuno di noi, come Tommaso, "non era con loro quando venne Gesù". È un "non esserci" che, se ci esclude dall'avvenimento diretto dell'apparizione, però spinge ad entrare per un'altra via. Ad iniziare dalla voce degli apostoli che dicono a Tommaso: "Abbiamo visto il Signore". Certo, non è la semplice parola dei discepoli a trasmettere la fede; sarebbe facile oggi con tutti i mezzi della comunicazione sociale! La fede è sempre dono di Dio e la nostra comunicazione deve essere segno dell'amore del Signore. Un amore che cede alla debolezza di Tommaso e gli concede una occasione nuova per vedere e credere.
Il vangelo non dice se veramente Tommaso abbia poi messo il dito e la mano sulle mani e nel fianco di Gesù, anche se l'iconografia riproduce questa scena. C'è solo la risposta di Tommaso che è un atto di adorazione: "Mio Signore e mio Dio!". La pagina di oggi è la proclamazione della beatitudine della fede: "Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto". Noi possiamo essere quelli che, per il dono della fede, vedono di più quello che con gli occhi della ragione e della carne non si può vedere.
Nel tempo della Chiesa – il nostro – l'adesione a Gesù non è più fondata sul vedere, ma sulla testimonianza dei cristiani, come quelli incontrati da Lucia e Andrea. Da due millenni funziona così. La fede nella Risurrezione si allarga non col ragionamento, ma con i segni di pace e di perdono che Cristo ha lasciato ai suoi discepoli.
Mons Angelo Sceppacerca27 aprile 2025