NewsUn paese del sud, una poesia di don Geremia CarugnoHo ritrovato, fra i miei libri, una pubblicazione del caro e indimenticabile don Geremia Carugno, parroco a Capracotta per oltre 30 anni.Don Geremia scriveva le sue poesie nelle lunghe notti invernali, quando a Capracotta, la neve e la bufera fanno sentire più aspra la solitudine, la paura ti assale e ti entra nella vita.Don Geremia, solo nella sua casa canonica, attigua alla maestosa Chiesa Madre di Capracotta, superava il suo deserto con la preghiera che spesso traduceva in versi, pensando a chi viveva nel dolore e nella solitudine.Come succede spesso il “valore” di un uomo lo si scopre solo dopo la morte. Don Geremia è morto il 28 agosto del 2007 dopo una lunga malattia.Credo che sia giunto il tempo di ricordarlo con la giusta misura che si deve a un Poeta. Per questo vi invierò una alla volta i suoi versi pubblicati nel 1981 e raccolti nell’opuscolo dal titolo “Le rose di Gerico”.È un modo non solo per ricordare il mio parroco, l’arciprete di Capracotta, ma anche per non dimenticare tutti i popoli che vivono nella sofferenza; infatti i versi sono stati scritti per il Terremoto del Sud nel 1980.Nei nostri giorni altri terremoti hanno portato morte, dolore e distruzione.“Non lasciamoli soli!”.Alberto ContiGustate la bellezza e la profondità della prima poesia: UN PAESE DEL SUDOra so perchéquella coltre di campi da arareseminata di pali di bidenti e zappelasciati all’arianella pausa di colazione all’ombrami parve il volto di un camposanto.- Se il paese era scarnoinvecchiato come un conventoquei pali sapevano il numerodella gente viva –Come a un cenno infattila distesa si animò di figurefemminee tuttelente stanche vaghecome fantasmie le braccia rotearono rapidele lame che affrettavano le zollecon una lena che sapeva di frettae di richiamoOra sulla via che portavaai casolari vuotiogni gonna trascinava un piantoe un lamentoe tante braccia cullavano un vagitoe i pali delle zappe e dei bidentiall’aria sulle spallemi davano l’idea delle crocicroci che in quel paese del Sudattendono le braccia dei cirenei.Così scrive l’arciprete, nominato poi Monsignore, nella prefazione dell’opuscolo:“Lungamente pensati e scritti nei giorni che accompagnarono e seguirono il Terremoto del Sud – 23 novembre 1980 ore 19,37 – questi versi volevano e vogliono essere una risposta all’appello di allora: non lasciamoli soli!La semplice e breve cronaca di una storia amara – come quella del Belice e del Friuli -, è perciò, un invito, a distanza di un anno dalla tragedia, a incontrare spiritualmente quei fratelli ai quali, per conto nostro, ci lega più che la dorsale geografica, l’identità di costumi, di cultura e di storia umana.Le località colpite dal terremoto citate nelle poesie sono solo il simbolo della sventura toccata all’Irpinia e alla Campania, come lo sono episodi, frasi e personaggi che fanno la trama delle composizioni”.23 novembre 1981Nella foto: da sinistra Don Geremia, il sottoscritto e don Cesario Ronzitti.Era il 26 ottobre 1976, giorno della mia “Ammissione” nella Cattedrale di Trivento. Don Alberto Conti21 ottobre 2009Condividi pagina