Domenica 6 aprile | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 6 aprile

Liturgia: Is 43, 16-21; Sal 125; Fil 3, 8-14; Gv 8, 1-11Domenica 6 aprile

Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell'interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più».

L'adultera dinanzi a Gesù. Un episodio che sembra sia entrato in Giovanni solo più tardi, appartenendo a una tradizione orale, cioè alle cose non scritte. Subito dopo Gesù dice di sé: Io sono la luce. Proprio la luce, che è come la fede, è fondamentale per capire questo vangelo. È la luce che chiarisce le altre cose, senza bisogno di dimostrare, perché rende evidente, al contrario del buio. Gesù prima si era paragonato all'acqua; ora alla luce; entrambi segni per la festa delle Capanne. Ora è lui la fonte di acqua viva e la luce che illumina il mondo. Ecco perché gli ebrei lo accusano.

Doveva essere una chiara sentenza di morte, eseguita per lapidazione. Gesù la rovescia in due frasi: "Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei", "Va' e d'ora in poi non peccare più". Gesù legge e parla alle coscienze degli accusatori e dell'adultera. L'evangelista Giovanni lo scrive anche nella sua lettera. "Chi dice: 'Non ho peccato!' è bugiardo" (1Gv 1,8-9), "Chi ha conosciuto Dio non pecca "(1Gv 3,6). L'uomo da solo è peccatore (la solitudine è peccato); l'uomo che incontra Dio in Gesù, e quindi conosce la misericordia, per grazia può non cadere più nel peccato dell'incredulità.

Il fatto dell'adultera, nel vangelo di Giovanni, è posto in mezzo a due dispute drammatiche che contrappongono Gesù agli scribi e ai farisei: la controversia sulla sua messianicità e quella sulla sua divinità. Proprio questa vicenda conferma Gesù messia figlio di Dio, il solo capace di perdonare e di giudicare il cuore dell'uomo, cambiandolo.

Nel loro cuore gli scribi e i farisei hanno già condannato quella donna colta in errore. La scortano da Gesù solo per metterlo in trappola e cogliere lui in errore. La legge giudaica è precisa: l'adultera deve morire. Se Gesù l'assolve si mette contro la Legge; se la condanna perde la stima e rinnega il suo insegnamento sulla misericordia di Dio. Anche stavolta scribi e farisei hanno teso davanti a Gesù un laccio insidioso. Gesù però non si fa ingannare.

Si siede e si mette a scrivere sulla terra col dito. È un invito a tacere, a riflettere. Quelli, invece, insistono. Allora si alza e pronuncia una risposta saggia, semplice, profonda, che disarma gli avversari: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E torna a scrivere sulla terra. Ora tocca ai giudici prendere una decisione responsabile e alla luce del sole, ma sapendosi tutti peccatori, se ne vanno. Gli anziani vanno via per primi non perché hanno più peccati, ma perché hanno capito prima la lezione.

Sulla scena restano solo Gesù e la donna, una fragile creatura e l'unico uomo senza peccato, nato al mondo non per condannare, ma per salvare tutti, a cominciare da quella fragile creatura che dopo aver perso l'onore, rischiava di perdere la vita. Una scena drammatica che mette di fronte la miseria della creatura e la santità di Gesù, misericordia infinita. Sant'Agostino ha commentato: Relicti sunt duo, misera et misericordia (Rimasero in due, la misera e la misericordia). Solo chi ha incontrato Dio in Gesù e ha conosciuto la misericordia di Dio, può non peccare. E anche questo è grazia, misericordia.

Gesù non si scompone dinanzi all'adultera. Invece si mostra duro verso quelli che erano scandalizzati a causa del suo perdono. In questi due atteggiamenti è il cuore del vangelo di una domenica che fa da vigilia alla settimana santa di passione e resurrezione. Due cose mostra Gesù: il perdono e il cambiamento di vita, chiesti a tutti, ma soprattutto a quelli che si ritengono giusti e migliori degli altri, i più difficili a convincersi di essere in errore. Verso la donna portata in piazza come spettacolo (ma dove sono gli uomini che erano con lei?) Gesù ha un supplemento di amicizia e di misericordia. La invita a non volgersi al passato per rinnegarlo e maledirlo, ma di aprirsi al futuro e di guardare avanti per una nuova possibilità di vita.

Siamo nel mezzo della lotta tra la luce e le tenebre del male (i capitoli 7-10 del vangelo di Giovanni); la luce è portata da Gesù, l'accecamento invece è frutto del male dell'uomo ed è paragonato al buio della notte. La luce smaschera l'ipocrisia e rivela il volto del Padre ricco di compassione e grazia di perdono. Il tutto in due frasi potenti e fulminanti: "Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei" e "Va', e d'ora in poi non peccare più". L'evangelista prediletto lo dirà anche nella sua prima lettera: "Chi dice: 'Non ho peccato!' è bugiardo" (1Gv 1,8-9) e "Chi ha conosciuto Dio non pecca" (1Gv 3,6). Tra le due, nessun dubbio: è più forte la seconda. Riconoscere la sciagura permanente nella vita dell'uomo è sotto gli occhi di tutti ed è l'esito di un percorso facile all'interno della propria coscienza. Sentirsi dire, dall'unico e vero Innocente, "Neanch'io ti condanno" (insieme al seguito: "Va' e d'ora in poi non peccare più"), è assolutamente mai visto ed udito. Gesù non condanna, ma fa cominciare una vita nuova. E il vangelo di oggi si accorda alla prima lettura ("non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche, faccio una cosa nuova, non ve ne accorgete?" e alla seconda di San Paolo: "dimentico del passato e proteso verso il futuro corro verso la meta". Entrambe dicono che alla fine ciò che conta davvero è il futuro.

È questione di nomi. Ai farisei che lo chiamano 'maestro', Gesù si mostra tale e smaschera il pregiudizio; alla donna che lo chiama 'Signore' mostra la signoria della misericordia. Senza Dio l'uomo è peccatore perché la solitudine è il peccato; l'uomo che ha incontrato Dio in Gesù e ne ha provato la misericordia, può aver fede e ricominciare dall'amore fraterno, anch'esso basato sulla misericordia e il perdono.

Inutile chiedersi cosa significa il gesto di Gesù che scrive per terra. Conta il suo silenzio davanti alla requisitoria di scribi e farisei e, più ancora, le sue parole. Eppure ci piace pensare che, a somiglianza di quello di Dio dinanzi a Mosè sul Sinai, il dito di Gesù incideva le tavole della nuova legge nel cuore dell'uomo. Nel suo movimento di abbassarsi e rialzarsi Giovanni anticipa il gesto (morte e risurrezione) con cui Gesù sta per riconciliare l'umanità con Dio. Di fronte all'adulterio del popolo Gesù annuncia il perdono definitivo.

Nei segni tracciati nella polvere dobbiamo leggere l'invito a guardare in avanti e a tirar fuori la speranza dal futuro, riaperto grazie al perdono ricevuto. Il perdono non è dimenticanza o cancellazione del passato, è però la possibilità di una vita diversa. Agostino lo dice molto meglio: Dio non perdona i peccati, Dio perdona i peccatori. Se Dio perdonasse i peccati Gesù avrebbe detto a quella donna: va' e fa' come ti pare, fa' quello che ti pare, e invece gli dice va' e non peccare più. Quindi non perdona i peccati, perdona i peccatori, cioè ci dà la possibilità di iniziare qualcosa di nuovo.

Lo scrittore Erri de Luca, commentando il V comandamento "Non ammazzerai", scrive che mentre Dio, tramite Mosè, incide i comandamenti sulla pietra davanti al tutto il popolo, questi come per profezia vede l'episodio dell'adultera. "Videro una folla che portava una donna a lapidare. La processione attraversa piazze e strade. Lungo il percorso incontra un forestiero, di Nazaret, e lo interroga. Quella legge ammette un ultimo grado di appello presso un passante; la sentenza emessa può essere messa in discussione, sulla strada. Il forestiero a sorpresa si china a terra e sulla polvere traccia lettere col dito. La narrazione non riferisce cosa scrive, ma l'assemblea del Sinai, presente alla visione, legge sulla polvere del suolo "non ammazzerai". Perché? Forse che è sabato? Ma quello non può essere sabato, non si emettono sentenze né si eseguono condanne di shabbàt. È appunto quello che sta dicendo a loro: quando si tratta di condanna a morte ogni giorno si trasforma in shabbàt.

Mons Angelo Sceppacerca6 aprile 2025
Licenza Creative CommonsLe informazioni e gli articoli pubblicati su questo sito sono distribuiti con Licenza Creative Commons Attribuzione - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia