Commento al Vangelo
Domenica 18 agosto
Liturgia: Ger 38, 4-6.8-10; Sal 39; Eb 12, 1-4; Lc 12, 49-53In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso! Ho un battesimo nel quale sarò battezzato, e come sono angosciato finché non sia compiuto!
Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D'ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera».
L'opera di Gesù è liberare il fuoco. C'è quello del giudizio finale e c'è il fuoco della Pentecoste; il fuoco di Dio sul mondo è il dono dello Spirito, il suo amore che scaturisce dalla morte del Figlio. Gesù la chiama battesimo, una vera immersione nel proprio sangue. L'amore assomiglia al fuoco perché sempre passa per la prova.
Anche le proposte di Gesù portano fuoco, provocano rovesciamenti sociali e familiari e ricevono anche reazioni violente perché sono decisive e chiedono risposte definitive. Scegliere Gesù e il suo Vangelo è anteporlo a tutto e a tutti, amici e familiari compresi. Lo aveva già profetato il vecchio Simeone quando abbracciando il piccolo Gesù lo indicò come "segno di contraddizione".
Il discorso sul fuoco e sul battesimo di sangue è tra Gesù e i discepoli. Gesù è consapevole della sua missione. Il fuoco è il giudizio di Dio. La sua luce accusa il peccato del mondo e smaschera la falsa pace che convive col male. Soprattutto, il fuoco gettato da Gesù sulla terra è il Dio-con-noi realizzato in pienezza nella persona di Gesù. Se dinanzi a Mosé Jahvé parlava da un roveto di fuoco, tanto più fuoco di presenza è la carne del Figlio di Dio.
San Pietro Crisologo paragona il fuoco di Gesù a quello dei contadini che preparano i terreni alla semina: falciano le erbacce, tagliano le spine e bruciano le sterpaglie. Così il campo, pulito e concimato dal fuoco, accoglie il seme della Parola che farà frutto. Fuoco e battesimo di sangue, pace e divisione sono nel cuore del mistero cristiano come mistero d'amore.
La divisione che c'è anche tra le persone più care dice che la comunione è il frutto di un cammino travagliato di conversione. Il bene reciproco fra nuora e suocera è strada quotidiana di preghiera, di pensiero, di accoglimento e apprezzamento reciproco.
La fine del mondo è quando i padri sono contro i figli, i figli sono contro i padri e non c'è più la trasmissione della vita. È il caos assoluto nelle relazioni, il segno della fine della mondo, sul modello di quella fine che c'è stata all'inizio di tutto, quando l'uomo ha considerato Dio come nemico. Gesù ha sanato la frattura affidandosi al Padre ed estirpando la radice del male che è non fidarsi di Dio, di chi dà la vita. Tutto il male del mondo non dipende forse dalle nostre relazioni? Anche il dolore più grande di Gesù è stata l'esperienza della frattura della relazione col Padre: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?". Gesù ha provato l'angoscia a causa del peccato che abbiamo fatto noi abbandonando Dio. La salvezza di Gesù è la guarigione del rapporto col Padre: siamo tutti figli e quindi tutti fratelli. L'altro non è l'inferno (Sartre), ma un dono.
Mons Angelo Sceppacerca18 agosto 2019