CONVEGNO DIOCESANO SU “IL PROGETTO POLICORO E LA FIGURA DELL’ANIMATORE DI COMUNITA’” | Diocesi di Trivento

I Progetti

CONVEGNO DIOCESANO SU “IL PROGETTO POLICORO E LA FIGURA DELL’ANIMATORE DI COMUNITA’”

CONVEGNO DIOCESANO SU “IL PROGETTO POLICORO E LA FIGURA DELL’ANIMATORE DI COMUNITA’”Promosso dalla Diocesi di Trivento, sabato 20 maggio 2006 presso il Santuario della Madonna di Canneto in Roccavivara (CB) si è svolto un interessante Convegno su “Il Progetto Policoro e la figura dell’Animatore di Comunità”.
Finalità dell’incontro – a cui sono convenuti, abbastanza numerosi, giovani laici, alcuni rappresentanti dei “gesti concreti” operanti in diocesi e dell’ AdC della regione Abruzzo, oltre a esponenti politici e qualche sacerdote – è stata quella di far conoscere da vicino la realtà di un Progetto vivo e in espansione che, proprio quest’anno, festeggia i suoi primi ma intensi e significativi dieci anni di vita.
I risultati non sono mancati se, accanto alla su citata finalità, si è fatto centro nell’obiettivo: condurre intorno a un tavolo diversi rappresentanti di enti pubblici e, soprattutto, delle filiere della formazione, con cui siglare ufficialmente un reciproco “impegno all’impegno”, in vista di necessarie e quanto mai opportune forme di collaborazione per iniziative da avviare e perseguire possibilmente a “braccetto”. In questa direzione ci è sembrata davvero encomiabile la disponibilità manifestata dai presenti. Il calendario degli interventi è stato preceduto dai saluti di S. E. Monsignor Domenico Scotti, Vescovo di Trivento e tenace sostenitore del Progetto. Sono seguite le relazioni e gli interventi. Nell’ordine definito, hanno preso la parola: Luigi Fantini, Animatore di Comunità della Diocesi di Trivento, Flora Urso, Segreteria Nazionale del Progetto Policoro, Mario Ciafardini, Segreteria Regionale Abruzzo-Molise, Antonio Francioni, Responsabile Assessorato alla Formazione Regione Molise, Luca Palazzo, Project Manager, Pietro Iocca, Segretario Regionale Cisl Molise, Vinicio D’Ambrosio, Presidente Confcooperative, Gino Donatelli, Coldiretti di Trivento. I lavori sono stati coordinati dal sacerdote Domenicantonio Fazioli, Tutor del Progetto Policoro. Infine, è seguita la testimonianza di Silvia Cianciullo, imprenditrice molisana.
Mentre dagli interventi sono emerse proposte di incontri periodici da programmare e gesti di solidarietà morale ed economica verso una cooperativa della Locride – recentemente colpita da un increscioso atto da parte della criminalità –, con le relazioni si è fatta – oltre a una puntuale informazione dello spirito, della struttura e delle metodologie attraverso cui si snoda e opera il Progetto – una fluida ed efficace formazione al lavoro attraverso una panoramica della legge 30 (c.d. legge Biagi) e una dettagliata analisi di due progetti di lavoro di portata europea attivi nella regione Molise. Con quest’ultimo intervento il dott. Palazzo ha prospettato il salto di qualità a cui potrà tendere il Progetto Policoro attraverso il suo inserimento nel quadro dell’Unione Europea.
Da dietro le quinte, qualche nota di scontento è stata espressa da alcuni giovani circa l’esigua presenza dei sacerdoti diocesani.
Molto c’è da fare e molto si spera di poter fare. Le tracce del percorso sono state ormai meglio scalfite… segno di un cammino meno complicato da percorrere insieme.

Seguono le relazioni:

LO SPIRITO DEL PROGETTO POLICORO

(di Luigi Fantini)

Quale Animatore di Comunità della Diocesi di Trivento do a tutti il mio benvenuto!
Forse dico una cosa se scontata se, pensando a un qualsiasi progetto, a una qualsiasi azione umana, ciò che li rende belli negli obiettivi che con essi si vogliono raggiungere, è l’appagamento interiore, la gioia di aver fatto o dato qualcosa di bello a servizio soprattutto degli altri: in altri termini, credo che qualsiasi concreto risultato trovi la sua vera soddisfazione o insoddisfazione negli intenti che lo animano e che lo sorreggono. Per un cristiano, poi, se il tutto lo si vive con spirito di vera fede, quel risultato diviene la vera gioia di esistere.
In questo senso, proverò a definire brevemente le linee guida, e cioè lo spirito del Progetto Policoro ripercorrendo alcune interessanti considerazioni di Monsignor Giancarlo Bregantini, Vescovo di Locri e per cinque anni Presidente della Commissione Cei per i problemi sociali e il lavoro. Intanto, è ormai un dato di fatto che, a dieci anni di distanza dalla nascita del “Progetto Policoro” molte cose si sono mosse. Non solo perché sono state coinvolte 71 delle 101 diocesi del Sud e sono nate oltre 400 iniziative concrete, ma perché - come anche ricorda Annachiara Valle sul mensile di cultura e attualità religiosa “Jesus” dell’agosto 2005 – anche se a passi lenti, si è messo in moto un meccanismo destinato a cambiare la mentalità delle generazioni più giovani.
Così spiega Bregantini:
<<Il nodo centrale è che non si può annunciare il Vangelo ai giovani senza ascoltare la loro domanda. Una domanda che al Sud, anche secondo le statistiche allarmanti e allarmate che vengono diffuse, è domanda di lavoro e di futuro. I giovani del Mezzogiorno si chiedono, finita la fase dell’oratorio e della catechesi, se la Chiesa chiude il suo orizzonte con l’incontro in parrocchia o se è capace di accompagnarli nelle fasi delicate della loro vita. L’impegno della Chiesa al Sud, in particolare con il Progetto Policoro, è un’estensione seria, applicativa della Pastorale giovanile, che va oltre i momenti dei grandi raduni mondiali o i momenti formativi puri>>. In pratica, dice il Vescovo di Locri, <<si tenta di non separare fede e vita, di far sì che il Vangelo plasmi la vita dei giovani in ogni ambito>>.
Aggiunge poi: << dal Nord al Sud dobbiamo far sì che i giovani non arrivino a dire che ciò che hanno imparato in parrocchia sono belle parole distanti dalla vita. La separazione tra realtà del lavoro e realtà del Vangelo è un rischio molto grosso. Però sappiamo che, specie nelle regioni meridionali, i giovani che si affacciano al mondo del lavoro devono passare i cosiddetti “valichi”. Questi valichi sono il dipendere da qualcuno, di chiedere per piacere ciò che ti è dovuto e, infine, l’affrontare l’insidia mafiosa, massonica in certi ambienti di lavoro, che ti chiede di piegarti a… se vuoi arrivare da qualche parte. Questo deve far riflettere la comunità cristiana. In questo senso il Progetto Policoro non è soltanto quanto si è realizzato, ma quanto la Chiesa ha preso coscienza della necessità di coniugare fede e vita nella realtà dei giovani. Dobbiamo accompagnarli, ma non – come spesso si è fatto – dicendo che ci pensiamo noi. Non vogliamo preti che creino posti di lavoro, ma preti che stimolino la comunità cristiana ad aiutare e a organizzarsi in modo tale da dare risposte a queste situazioni. E che pungolino i giovani a studiare seriamente, senza aspettare di ottenere ciò che vogliono senza averne le capacità>>. Il segreto di Policoro è nella capacità di suscitare nei ragazzi la voglia di cambiare. <<Far scattare la motivazione che diventa frutto dell’evangelizzazione. Ma questa voglia di cambiamento non basta. E’ essenziale che la spinta parta dai giovani meridionali. Soltanto loro possono cambiare, ma – ed è il secondo segreto – non si può cambiare se non insieme. Ecco perché abbiamo stimolato rapporti di reciprocità con le diocesi del Nord e siamo attenti nell’accompagnamento. E infine, c’è un terzo segreto: quello di credere che cambiare è difficile, ma non impossibile>>.
Questi tre punti diventano tre fasi: <<Innanzitutto c’è la presa di coscienza di se stessi, occorre conoscere la propria marginalità. Bisogna studiarla, capirla. E’ il ruolo delle scuole, degli insegnanti, della Chiesa e delle parrocchie: scoprire i meccanismi della marginalità. Per evitare che la marginalità diventi emarginazione, bisogna uscire a trasformare – ed è il secondo passo – la marginalità in tipicità. Quando un prodotto diventa tipico ha sempre mercato. Questa presa di coscienza della propria dignità che diventa tipicità, però, da sola non basta a cambiare perché c’è il grande rischio che la difesa della tipicità diventi chiusura culturale, sociale e alla fine anche economica. E’ il rischio della Lega. Noi invece siamo convinti che bisogna aprirsi alle altre marginalità e intrecciarle insieme, ed è la terza fase. Bregantini conclude dicendo: <<Se questi tre momenti sono portati avanti fino in fondo si ottiene uno sviluppo enorme. E non solo per il Sud>>.

Riassumendo, questi, dunque, sono i distintivi di Policoro:
1. l’ascolto di domanda dei giovani;
2. una chiesa che incarna la Parola di Dio accompagnando nel concreto e nel quotidiano il giovane al fine di non separare fede e vita, rischio altrimenti molto grosso di una fede fatta solo di parole;
3. in questo senso, preti che stimolino i giovani ad attivarsi e fare.
Poi, ancora, inderogabilmente:
1. voglia di cambiare ma, soprattutto, coraggio di cambiare insieme;
2. trasformare la propria marginalità in tipicità affinché il proprio prodotto abbia mercato;
3. far interagire tutte le marginalità per far “rete”, così da plasmare mentalità aperte e favorire “uno sviluppo enorme”.
Quanto detto, conduce ad altre due considerazioni:
• Policoro non scinde l’aspetto del lavoro dalla dimensione umana e di valorizzazione della dimensione spirituale ed esistenziale della persona: in ciò esso differisce da un ordinario sportello informa-lavoro o da una qualsivoglia struttura di Centro per l’impiego o Agenzia interinale;
• Con Policoro il lavoro è anzittutto etica, solidarietà, servizio e non puro profitto fuori dalle logiche del rispetto della dignità di ogni donna e di ogni uomo.
E che ciò sia vero ce lo testimonia anche il poeta Kahlil Gibrian nella composizione intitolata “Sul lavoro”, dove rispondendo a un contadino che gli chiede di parlargli del lavoro dice:
E cos'è lavorare con amore?
È tessere un abito con i fili del cuore,
come se dovesse indossarlo il vostro amato.
È costruire una casa con dedizione come se dovesse abitarla il vostro amato.
È spargere teneramente i semi e mietere il raccolto con gioia,
come se dovesse goderne il frutto il vostro amato.
È diffondere in tutto ciò che fate il soffio del vostro spirito…

Il lavoro è amore rivelato.
E se non riuscite a lavorare con amore,
ma solo con disgusto, è meglio per voi lasciarlo e,
seduti alla porta del tempio,
accettare l'elemosina di chi lavora con gioia.
Poiché se cuocete il pane con indifferenza,
voi cuocete un pane amaro,
che non potrà sfamare l'uomo del tutto.
E se spremete l'uva controvoglia,
la vostra riluttanza distillerà veleno nel vino.
E anche se cantate come angeli,
ma non amate il canto,
renderete l'uomo sordo alle voci del giorno e della notte.
Lavoro e uomo allora… quale presupposti inscindibili per una società equa, felice e solidale e nel segno di quanto affermato da Sua Santità Benedetto XVI che, nel suo messaggio per la scorsa Quaresima (ZENIT, 31 gennaio 2006), affrontando la questione dello “sviluppo”, ha sottolineato che: “in nessun modo è possibile separare la risposta ai bisogni materiali e sociali degli uomini dal soddisfacimento delle profonde necessità del loro cuore”.
Per concludere: lavoro è…“diffondere in tutto ciò che fate il soffio del vostro spirito…”.

a cura di Luigi Fantini AdC Diocesi di TriventoCanneto - Roccavivara (CB), 20 maggio 2006

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