Domenica 27 ottobre | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 27 ottobre

Liturgia: Prov 9, 1-6; Sal 33; Ef 5, 15-20; Gv 6, 51-58Domenica 27 ottobre

In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell';uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell';ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

"Ecco il pane degli angeli, pane dei pellegrini, vero pane dei figli: non deve essere gettato": pane degli angeli che diventa pane degli uomini. Così canta un';antica sequenza. Parlare dell';Eucarestia è arduo, meglio farlo stando in ginocchio: vengono meglio le parole e poi, davanti al Sacramento che è detto Santissimo, la posizione giusta è proprio quella dell';adorazione. L';Eucarestia è il segno della presenza del Signore, del suo sacrificio sulla croce e della vita eterna della quale ci ha reso partecipi. Il dono del Padre agli uomini, dall';inizio alla fine della storia, è sempre sotto il segno del corpo: prima corpo incarnato che soffre e muore sulla croce. È questo corpo ferito che risorge e che Gesù mostra e fa toccare agli apostoli. Ma suo corpo è anche la Chiesa, corpo mistico di Cristo. Infine suo corpo è il pane eucaristico, corpo sacramentale che nutre, coloro che lo mangiano, con la vita divina che è vita eterna. Solo Gesù, infatti può dare la vita divina e solo la sua vita è eterna.

Il pane della vita, il pane del cielo, è la carne di Gesù per la vita del mondo, la sua persona sacrificata per la salvezza dell';umanità con la passione e morte gloriosa. L';amore di Dio per gli uomini raggiunge il massimo nella morte di Gesù in croce: sulla croce egli dona tutto se stesso per il mondo. Mangiare la carne di Gesù e bere il suo sangue producono un effetto salvifico: la vita eterna. In altre parole si rimane in comunione intima con la persona divina di Cristo.

Tutto inizia, però, con un dubbio, un gesto stizzoso d';incredulità: "come può costui darci la sua carne da mangiare?", dicevano i giudei. Certo, il linguaggio di Gesù è estremamente realistico, parla di mangiare e di bere, di carne e di sangue. Ma dietro questo realismo c';è anche l';indicazione del mistero soprannaturale: l';Eucarestia è il pane disceso dal cielo da cui fluisce il dono della vita eterna. A volte l';incredulità nasconde un falso pudore che, in realtà, è orgoglio presuntuoso: non possiamo mangiare l';Eucarestia finché non ne siamo degni. Già nei primi secoli, Giovanni Cassiano scriveva: "Se noi, per ricevere la comunione, dovessimo attendere di essere degni, non dovremmo farla neppure una volta l';anno… (chi pensa così) cade in una più grande presunzione d';orgoglio perché per lo meno proprio il giorno in cui si comunicano essi si giudicano degni della comunione". Non i santi vanno all';Eucarestia, ma l';Eucarestia santifica e trasforma in sé. Chi mangia assimila il cibo. Qui, invece, è il corpo e il sangue di Cristo che ci assimila a lui: divora ogni nostra infedeltà e ci fa vivere del suo essere Figlio, che tutto riceve e tutto dà. La storia della salvezza si era aperta con la proibizione di mangiare il frutto proibito. Ora si compie con il comando di mangiare il frutto dell';albero della vita. Questo sì che ci rende davvero come Dio!

La comunione tra Gesù e il discepolo che mangia la sua carne, è analoga a quanto avviene in seno alla Trinità. Come il Padre dà la vita al Figlio, così il Figlio dà la vita a colui che si nutre dell';Eucaristia.

Il pane è la sua carne! L';eucaristia è la sua corporeità, il suo essere uomo tra noi con quella umanità propria della persona più misera, più ferita. Questa povera umanità che Cristo ha assunto, è quel pane che dà la vita eterna! Un pane spezzato e distribuito, una carne immolata e offerta per la vita di quel mondo, di quella creazione e di quella storia così ferite e insieme così amate da Dio.

La figura del cibo, del mangiare e del bere dicono chiaramente che l';uomo è insufficiente a se stesso e non ha la vita se non è nutrito da un Altro; e questa nutrizione è necessaria e incessante. Di nuovo appare la nostra totale dipendenza da Lui. Ma anche la sua totale dipendenza da noi. "Carne" indica lo sprofondamento del Verbo di Dio nella condizione povera, ferita e mortale dell';umanità, e proprio per questo è la fonte della vita del mondo.

Se la suprema umiliazione coincide con la suprema gloria e la massima potenza di salvezza, allora questo contraddice ad ogni concezione umana del potere e della potenza. Nutrirsi della carne e bere il sangue del Signore è condizione assoluta per "avere la vita eterna". La vita nuova è già la vita eterna, una vita "per" il Signore.
Noi che siamo povera carne mortale, creata al sesto giorno, ultimi fra le creature, dinanzi all';offerta del Corpo e del Sangue di Cristo, segni veri del suo amore, possiamo convincerci che il nostro destino è il settimo giorno, quello della festa di Dio, la vita eterna, tempo di comunione col Padre e con i fratelli.

Mons Angelo Sceppacerca27 ottobre 2024
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