Domenica 1 settembre | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 1 settembre

Liturgia: Dt 4, 1-2.6-8; Sal 14; Gc 1, 17-18.21b-22.27; Mc 7, 1-8.14-15.21-23Domenica 1 settembre

In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme.
Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?».
Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto: "Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini". Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini».
Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall'uomo a renderlo impuro». E diceva [ai suoi discepoli]: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall'interno e rendono impuro l'uomo».

Dopo la moltiplicazione dei pani, ora viene il tema delle condizioni per mangiare il "pane", per poter partecipare al banchetto della comunione con Dio. È esclusa ogni forma di ipocrisia, consapevoli – sempre – di non essere giusti e degni. Ieri era la folla a stringersi attorno a Gesù, umile come sono le pecore senza pastore; oggi sono i farisei ed alcuni scribi, per coglierlo in fallo in merito alla "tradizione" da loro caricata di obblighi con la presunzione di migliorarla. Gesù semplicemente risponde con il comandamento dell'amore.

La presunzione ipocrita è quella di complicare inutilmente il comando divino fino al punto da renderne inaccessibile la sostanza e di fatto allontanare dalla volontà del Signore perché non è più coinvolto il 'cuore' del discepolo. La vera tradizione è quella dell'obbedienza al valore immutabile e sempre attuale della Parola del Signore. Gesù, per spiegarsi, usa le parole del profeta Isaia: "Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini".

Il centro dell'insegnamento del Maestro è, dunque, il cuore, non contrapponendo l'interiorità rispetto all'esteriorità, ma risanando e ricomponendo l'unità della persona che agisce 'fuori' secondo la verità che è 'dentro'. È il cuore malato dell'uomo il vero grande problema della storia dell'umanità e della storia della storia della salvezza.

Le parole di Dio messe di faccia alle tradizioni degli antichi e i comandi di Dio contrapposti ai nostri precetti. Non c'è paragone, misura. Sarebbe come mettere insieme l'essere e l'assenza, la luce e le tenebre, il buono e il cattivo. E cattivi sono i propositi di male: brutture e rapine, assassini e tradimenti, avidità e disonestà, tradimenti e corruzione, rancore e accuse false, presunzione e imbecillità. Tutti prodotti del cuore degli uomini. Isaia profeta l'aveva gridata l'ipocrisia di un popolo che onora con le labbra ma che è lontano col cuore; crede di rendere culto e invece tradisce il comando di Dio!

Più avanti Gesù fa un esempio – clamoroso! – di questa ipocrisia quando un figlio, invece di onorare il padre e la madre, dichiara "korban", offerta a Dio, quello che dovrebbe dare loro per sostenerli. E' la contaminazione dei comandamenti di Dio. Casomai è vero il contrario: è onorando il padre e la madre che si onora Dio.

Il punto del problema (e della sua soluzione), è "il cuore degli uomini". Solo Gesù raggiunge l'apice del dramma umano perché tocca il cuore e "toglie il peccato del mondo" che è la separazione tra Dio e noi, sue creature. Dio percorre tutta la grande distanza che ci separa e l'ultimo passo è Gesù che arriva fino al cuore dell'uomo facendolo nuovo. Fuori da questo cuore non c'è nulla di impuro e in questo rendere puri tutti gli alimenti, il cristianesimo dona all'umanità un vero tesoro.

Come gli alimenti non portano inciso un segno etico che li renda buoni o cattivi, così anche le labbra, scollegate dal cuore, non bastano a rendere culto. Al di là dei cibi e dei riti tradizionali, il cuore dell'uomo occupa il centro dell'insegnamento del Signore e torna ad essere la norma radicale della fede e della pietà ebraiche, ma più in generale di tutte le tradizioni spirituali e sapienziali.

Quello di oggi è un vangelo senza aggiunte e senza sconti. È il vangelo di Francesco d'Assisi, la cui novità è stata quella di avere fatto riscoprire ai cristiani del suo tempo e di quelli successivi il gusto del Vangelo, vissuto nudo e crudo, "sine glossa", cioè in modo genuino, in pienezza e sincerità, convinto che solo a chi si sforza di viverlo nella sua integrità scopre la perfetta letizia di cui esso è sorgente. Per il Poverello l'unica «regola» era e doveva restare il Vangelo, nudo e crudo, «sine glossa»: ovvero senza quelle note a margine che usavano i dotti per «interpretare» e addomesticare le leggi.

Mons Angelo Sceppacerca1 settembre 2024
Licenza Creative CommonsLe informazioni e gli articoli pubblicati su questo sito sono distribuiti con Licenza Creative Commons Attribuzione - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia