Domenica 18 agosto | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 18 agosto

Liturgia: Prov 9, 1-6; Sal 33; Ef 5, 15-20; Gv 6, 51-58Domenica 18 agosto

In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

“Ecco il pane degli angeli, pane dei pellegrini, vero pane dei figli: non deve essere gettato”: pane degli angeli che diventa pane degli uomini. Così canta un’antica sequenza. Parlare dell’Eucarestia è arduo, meglio farlo stando in ginocchio: vengono meglio le parole e poi, davanti al Sacramento che è detto Santissimo, la posizione giusta è proprio quella dell’adorazione. L’Eucarestia è il segno della presenza del Signore, del suo sacrificio sulla croce e della vita eterna della quale ci ha reso partecipi. Il dono del Padre agli uomini, dall’inizio alla fine della storia, è sempre sotto il segno del corpo: prima corpo incarnato che soffre e muore sulla croce. E’ questo corpo ferito che risorge e che Gesù mostra e fa toccare agli apostoli. Ma suo corpo è anche la Chiesa, corpo mistico di Cristo. Infine suo corpo è il pane eucaristico, corpo sacramentale che nutre, coloro che lo mangiano, con la vita divina che è vita eterna. Solo Gesù, infatti può dare la vita divina e solo la sua vita è eterna.

Il pane della vita, il pane del cielo, è la carne di Gesù per la vita del mondo, la sua persona sacrificata per la salvezza dell’umanità con la passione e morte gloriosa. L’amore di Dio per gli uomini raggiunge il massimo nella morte di Gesù in croce: sulla croce egli dona tutto se stesso per il mondo. Mangiare la carne di Gesù e bere il suo sangue producono un effetto salvifico: la vita eterna. In altre parole si rimane in comunione intima con la persona divina di Cristo.

Tutto inizia, però, con un dubbio, un gesto stizzoso d’incredulità: “come può costui darci la sua carne da mangiare?”, dicevano i giudei. Certo, il linguaggio di Gesù è estremamente realistico, parla di mangiare e di bere, di carne e di sangue. Ma dietro questo realismo c’è anche l’indicazione del mistero soprannaturale: l’Eucarestia è il pane disceso dal cielo da cui fluisce il dono della vita eterna. A volte l’incredulità nasconde un falso pudore che, in realtà, è orgoglio presuntuoso: non possiamo mangiare l’Eucarestia finché non ne siamo degni. Già nei primi secoli, Giovanni Cassiano scriveva: “Se noi, per ricevere la comunione, dovessimo attendere di essere degni, non dovremmo farla neppure una volta l’anno… (chi pensa così) cade in una più grande presunzione d’orgoglio perché per lo meno proprio il giorno in cui si comunicano essi si giudicano degni della comunione”. Non i santi vanno all’Eucarestia, ma l’Eucarestia santifica e trasforma in sé. Chi mangia assimila il cibo. Qui, invece, è il corpo e il sangue di Cristo che ci assimila a lui: divora ogni nostra infedeltà e ci fa vivere del suo essere Figlio, che tutto riceve e tutto dà. La storia della salvezza si era aperta con la proibizione di mangiare il frutto proibito. Ora si compie con il comando di mangiare il frutto dell’albero della vita. Questo sì che ci rende davvero come Dio!

La comunione tra Gesù e il discepolo che mangia la sua carne, è analoga a quanto avviene in seno alla Trinità. Come il Padre dà la vita al Figlio, così il Figlio dà la vita a colui che si nutre dell’Eucaristia.

Il pane è la sua carne! L’eucaristia è la sua corporeità, il suo essere uomo tra noi con quella umanità propria della persona più misera, più ferita. Questa povera umanità che Cristo ha assunto, è quel pane che dà la vita eterna! Un pane spezzato e distribuito, una carne immolata e offerta per la vita di quel mondo, di quella creazione e di quella storia così ferite e insieme così amate da Dio.

La figura del cibo, del mangiare e del bere dicono chiaramente che l’uomo è insufficiente a se stesso e non ha la vita se non è nutrito da un Altro; e questa nutrizione è necessaria e incessante. Di nuovo appare la nostra totale dipendenza da Lui. Ma anche la sua totale dipendenza da noi. “Carne” indica lo sprofondamento del Verbo di Dio nella condizione povera, ferita e mortale dell’umanità, e proprio per questo è la fonte della vita del mondo.

Se la suprema umiliazione coincide con la suprema gloria e la massima potenza di salvezza, allora questo contraddice ad ogni concezione umana del potere e della potenza. Nutrirsi della carne e bere il sangue del Signore è condizione assoluta per “avere la vita eterna”. La vita nuova è già la vita eterna, una vita “per” il Signore.
Noi che siamo povera carne mortale, creata al sesto giorno, ultimi fra le creature, dinanzi all’offerta del Corpo e del Sangue di Cristo, segni veri del suo amore, possiamo convincerci che il nostro destino è il settimo giorno, quello della festa di Dio, la vita eterna, tempo di comunione col Padre e con i fratelli.

Mons Angelo Sceppacerca18 agosto 2024
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