Commento al Vangelo
24 marzo - Domenica delle Palme
Liturgia: Is 50, 4-7; Sal 21; Fil 2, 6-11; Mc 14, 1-15.47Passione di nostro Signore Gesù Cristo secondo Marco
Prima lettura
È il canto del Servo del Signore, profezia di Gesù e del suo compito mai separato dalla sofferenza e, allo stesso tempo, dalla fede certa nel Padre. E' l'eletto al servizio della parola di Dio e, come fu per il profeta Geremia, riceve in cambio maltrattamenti e angosce. Una esistenza di dolore che mai, però, ha potuto prosciugare il mare di fiducia nel Signore.
La sua vita è sempre sotto la parola, fin dal mattino. Il Servo di Iahvé è l'inviato, il messaggero, ma prima di tutto egli stesso è discepolo della Voce. Non è lui a disporne; è la Parola a modellarne l'esistenza. E quando arriva il dolore egli non scappa, non fa resistenza, non si ribella come Geremia, ma accetta tutto, si abbandona nelle mani del Padre. E il Padre non tarda a rispondere.
Seconda lettura
È uno dei più antichi inni del Nuovo Testamento e Paolo lo incastona per dare profondità alla vita della comunità fatta d'amore, di umiltà e disinteresse. L'inno della lettera ai Filippesi è il racconto dell'esistenza di Cristo che prima si abbassa annientandosi per poi innalzarsi e risorgere. Gesù è l'opposto del primo uomo. Adamo, creato a immagine di Dio, aveva preteso farsi uguale a Dio tentando di rapinare la condizione divina. Gesù, al contrario, pur avendo la condizione divina, non ne è geloso, ma la vive come dono, nell'abbassamento del suo farsi uomo.
Le immagini sono di grande forza: l'incarnazione è uno svuotamento e la condizione umana assunta è quella del servo al livello più basso: lo schiavo. Gesù ha scelto di vivere nell'umiltà, nella povertà e nel servizio. E' venuto per servire e il suo chinarsi è fino alla morte umiliante in croce.
Il Padre riabilita ed esalta il Figlio umiliato: i titoli che erano riferiti al Padre ora sono del Figlio, compreso lo stesso nome di Signore (kyrios) con cui gli ebrei greci traducevano il nome di Jahwè, il nome che è al di sopra di ogni nome. "Gesù è il Signore" è la confessione di fede dei cristiani.
Tutta la quaresima, con lo sforzo di penitenza e conversione, oggi si concentra sulla croce come altare dell'obbedienza al Padre e mensa della solidarietà con gli uomini. La sofferenza del Servo è inseparabile dalla gloria. Il riassunto delle Palme è nell'essere preludio alla Pasqua. Gesù entra a Gerusalemme per compire il mistero di morte e risurrezione.
La lettura della Passione conta più che la processione dei ramoscelli d'olivo, segno di un popolo che acclama al suo Re e lo riconosce Signore. Ma la regalità si manifesterà in modo sconcertante sulla croce, scandalo di umiliazione, sofferenza e abbandono. In questo scontro la fede traballa perché sembra prevalere l'iniquità, la prepotenza e la cattiveria. Un immenso "perché?" sale sul mondo, da Gesù Crocifisso, e con lui tutti i crocifissi della storia. Dov'è Dio?
Così un poeta: "Su questa terra che ruota nello spazio / con i suoi oceani tempestosi e i suoi deserti / con le periferie affollate e strade sporche / tra storie tristi, raro il sorriso, povera gente / è venuta la redenzione / non un dio d'oro e di portenti / soltanto un uomo spogliato che perdona" (D. Ciardi). Se qualcuno avesse ancora il bisogno di domandare e di sapere da quale parte degli eserciti che si affrontano, Dio stia, non c'è esitazione alla risposta: solo un Dio spogliato e che perdona può accostare il grido dell'uomo e sorreggerne la fede che spera contro ogni speranza.
Sotto e attorno alla croce di Gesù, da sempre fa simposio ogni genere di personalità: gente del popolo, sommi sacerdoti, scribi, soldati e persone di passaggio. Ultimi, anche due ladroni posti in croce accanto a lui. Ognuno di questi personaggi grida, interroga, ironizza, beffeggia, accusa, sfida. Nulla di questo scuote Gesù. Fra tutte le voci ostili e blasfeme, comprese le assenze dei suoi discepoli e apostoli, quello che lo lacera e gli strappa l'unico grido è il silenzio del Padre: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?". Il Padre s'era fatto sentire sulle rive del Giordano, in occasione del battesimo, e sul monte Tabor, in occasione della Trasfigurazione. Erano i momenti in cui Gesù iniziava la sua vita pubblica e si avviava ad affrontare la passione. Ora tace.
In questa Domenica delle palme, che è la domenica della passione del Signore, ascoltiamo e meditiamo intensamente – fin nelle giuntura delle nostre ossa – questo silenzio di Dio attorno alla croce del Cristo. Solo in questo silenzio, profondo e misterioso, troverà accoglienza e risposta la domanda sul dolore del mondo e delle vittime innocenti.
Anche se incapaci di scendere (o salire?) i gradini dell'umiltà, la sola strada per ritrovare una possibile fraternità universale, dinanzi al silenzio di Dio e alla croce del Figlio, chiniamo la testa per ricevere perdono e salvezza.
Mons Angelo Sceppacerca24 marzo 2024