Domenica 10 dicembre | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 10 dicembre

Liturgia: Is 40, 1-5.9-11; Sal 84; 2Pt 3, 8-14; Mt 1, 1-8Domenica 10 dicembre

Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. Come sta scritto nel profeta Isaìa: «Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via. Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri», vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati. Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

La parola inizio dà avvio al Vangelo di Marco. Sta dunque bene anche all'aprirsi del nuovo tempo liturgico, l'Avvento, come possibilità di riprendere da capo la vita, chiedendo perdono per le cadute e i peccati. L'inizio del Vangelo è umile; poi ci sarà uno sviluppo, ma solo alla fine si mostrerà nella sua completezza: è la strada del seme che diventa albero. Viene in mente l'inizio della Bibbia ("In principio Dio creò il cielo e la terra") e del Vangelo di Giovanni ("In principio era il Verbo"); anche Matteo parte dalla genealogia di Gesù. Per chi si accosta al Vangelo con atteggiamento di fede, è un nuovo inizio della propria vita.

Una voce grida e indica: è quella di Giovanni, il più grande e l'ultimo dei profeti. Proprio perché "ultimo" profeta, Giovanni indica il grande cambiamento, la svolta epocale attesa dall'umanità: la presenza del Salvatore. Il battesimo nelle acque del Giordano è simbolo di svolta, perché è indicazione del Messia finalmente giunto. Giovanni è ancora sotto il segno dell'attesa, non di un futuro remoto, ma come attenzione al presente, perché il Signore è qui, si lascia trovare, vedere. Egli è vicino, in mezzo a noi. Il Battista è il modello di ognuno che si accosta al Vangelo, perché sa che dietro la realtà presente se ne cela un'altra, più grande. Indicando Gesù, Giovanni vuole che ci avviamo sul suo cammino, divenendo suoi discepoli. Il tema della sequela è il filo conduttore del Vangelo di Marco. Su chi segue Gesù, scende lo Spirito che rinnova e ridona la vita.

I "cieli aperti" al battesimo nel Giordano dicono la fine della separazione tra Dio e gli uomini; è terminato il tempo della inimicizia, della infedeltà; è iniziata l'ora della pace, della fratellanza universale. I "cieli aperti" sono anche il simbolo del velo lacerato alla morte di Gesù. Se al fiume Giordano Gesù è in fila con tutti i peccatori, sarà sul Calvario - il battesimo di sangue - che la sua passione e morte produrranno la salvezza di tutti. La pace e la fratellanza universale possono nascere solo da un sacrificio, da un cammino di umiliazione e di riconciliazione. Dio, in Gesù, l'ha compiuto fino in fondo, dalla grotta di Betlemme al Calvario. Ora tocca a noi se vogliamo essere suoi discepoli. E lo vogliamo, perché vogliamo la vita e la resurrezione.

Giovanni Battista, il messaggero che va avanti, è il precursore. Quello che è venuto prima. Prima nell'esperienza di molti discepoli del Signore, prima nel tempo del ministero, prima nel piano della storia della salvezza, prima concepito e venuto alla luce, sei mesi prima di Gesù. Così siamo anche noi, cristiani, primizie della creazione nuova, pionieri di un mondo nuovo, annunciatori di qualcuno che deve ancora venire nella gloria. Anche noi, Giovanni Battista della storia di oggi.

Il legame tra Gesù e Giovanni è indissolubile. Senza Gesù non ci sarebbe Giovanni, senza Giovanni non ci sarebbe stato Gesù. Possiamo esistere senza il Signore Gesù? Senza la sua presenza, senza la sua persona? Può un uomo vivere senza Dio? E può definirsi senza far riferimento a Dio? È qui tutta la dimensione umana dell'annuncio cristiano: senza il Dio di Gesù Cristo non sappiamo dire che cosa è l'uomo, qual è la sua vocazione, ciò che davvero lo abita.

Giovanni è esigente. La giustizia non è un optional della vita, esige lavori: spianare, colmare, costruire strade, fare. La giustizia si fa. È la conversione che porta frutto. È l'attesa di Dio che si concretizza. Che dobbiamo fare? Condivisione, legalità e non violenza. Un volto, quello di Giovanni, scavato dalla vita rude, dall'ascesi radicale ed estrema. Tratti di chi cerca, di chi aspetta, di chi sa che sta per giungere la speranza di Israele. Più affascinante di Siddharta la sua ricerca, più nuda di quella di Diogene. Una ricerca compiuta e mai finita, pronta all'imprevisto di Dio.

Mons Angelo Sceppacerca10 dicembre 2017
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