Domenica 26 Giugno | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 26 Giugno

Liturgia: 1Re 19, 16.19-21; Sal 15; Gal 5, 1.13-18; Lc 9, 51-62Domenica 26 GiugnoMentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio. Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».

Luca disegna il volto del Signore, ogni frase è una pennellata, fino al pianto su Gerusalemme quando si mostra totalmente come volto di misericordia del Padre, culminando sulla croce dove dà “theoria”, spettacolo. Dio si fa vedere così com’è. Anche il cammino di Gesù verso Gerusalemme è un dipinto del suo volto. Per andare a Gerusalemme gli Ebrei evitavano la Samaria, considerata luogo dell’infedeltà; Gesù ci passa attraverso.

Che cosa va a fare Gesù a Gerusalemme? A mostrare il volto oltraggiato, disprezzato e ucciso, il volto di colui che porta su di sé il male del mondo, il volto di uno che si mette nelle mani di tutti. Dio più che avere in mano tutti, si mette lui stesso nelle mani di tutti, si consegna, ha fiducia e ama. Per questo la credibilità di Dio è affidata alla testimonianza dei cristiani. Se facciamo vedere un Dio che è amore, misericordia e tenerezza, che ama tutti ed esclude nessuno, allora la gente può crederci.

La sequela vince le resistenze a condizione che sia mossa dall’amore che crea un interesse superiore ad ogni altra ricchezza. Sequela è scelta di povertà libera, per non sacrificare la vita alle cose, identificandoci con queste per poi lasciarle, alla morte, a chi litigherà per possederle. Figli che litigano per l’eredità è storia infinita. La libertà è passare dall’essere persone del bisogno a persone che hanno desideri, soprattutto di relazione, di dono reciproco.

Non c’è nulla di male a seppellire il padre. Il male sta nel vivere la vita aspettando che il padre muoia. Relazioni di questo tipo non funzionano, sono una schiavitù reciproca. L’altro non è cosa assoluta. L’unico “assoluto” (che non lega e non è legato) è Dio. Il comandamento è: amerai Dio con tutto il cuore e l’altro come te stesso, come “relativo”, non come “assoluto”. Quante relazioni di coppia, di amicizia, sono possesso e schiavitù reciproca, invece che amore scambievole.Mons Angelo Sceppacerca26 giugno 2016
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