Domenica 1 Marzo | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 1 Marzo

Liturgia: Gen 22, 1-2.9.10-13.15-18; Sal 115; Rm 8, 31-34; Mc 9, 2-10Domenica 1 Marzo Sei giorni dopo la sorda incomprensione dei discepoli – che prima avevano discusso per la mancanza di pane e poi lo stesso Pietro aveva rimproverato Gesù per aver annunciato la propria passione, morte e resurrezione – il Signore si trasfigura dinanzi a loro. Il sesto è il giorno della manifestazione sul Sinai e della creazione. Gesù è la gloria di Dio capace di superare la morte.

Gesù sceglie proprio Pietro (non lo chiama Simone), Giacomo e Giovanni: il primo ha ricevuto per nome la roccia, ad indicare la sua caparbietà cocciuta; ma pure gli altri due discepoli sono difficili, chiamati “boanerghes = figli del tuono” per il loro carattere autoritario e violento. Gesù li prende in disparte e li porta sul monte, luogo della manifestazione divina, dove si mostra “trasfigurato”, con vesti così splendenti e luminose da non poter immaginare nessuno sforzo umano capace di tanto.

Tutto è opera divina, grazia, la sola capace di elevare l’opera e la natura dell’uomo, al di là della morte. Questo indica la presenza viva di Mosé e di Elia. Il primo è l’autore della Legge e il secondo l’ha fatta osservare (anche a costo di scannare personalmente 450 sacerdoti di un’altra divinità). Sono gli uomini che nella prima alleanza hanno parlato con Dio e ora parlano con Gesù, che è Dio.

Pietro è confuso, smarrito, spaventato eppure propone al Rabbì di fare tre capanne in riferimento alla speranza che il messia si sarebbe rivelato durante la festa per eccellenza, quella delle capanne, quando in ricordo della liberazione dalla schiavitù egiziana per una settimana si viveva sotto delle capanne. E il popolo associava l’attesa del nuovo liberatore alla festa delle capanne.

Gesù deve ancora far comprendere la novità che è lui stesso. La nube che li copre è segno della presenza e della liberazione da parte di Dio, mentre la voce che ne esce è proprio quella di Dio che indica Gesù come “Il figlio mio, l'amato”. “Ascoltatelo”. L'ordine è imperativo e non riguarda né Mosè né Elia, ma soltanto Gesù va ascoltato. Dobbiamo cercare il silenzio per ascoltare Gesù e la sua Parola. Il giorno migliore è quello dopo il sesto.Mons Angelo Sceppacerca1 marzo 2015
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