Domenica 23 giugno | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 23 giugno

Liturgia: Zc 12, 10-11; 13, 1; Sal 62; Gal 3, 26-29; Lc 9, 18-24Domenica 23 giugno Prima della "confessione" di Pietro c'è la preghiera in solitudine di Gesù. È bello sapere, però, che "i discepoli erano con lui" anche nei momenti di solitudine e unione col Padre. Anche in solitudine Gesù non è solo. La sua domanda è una proposta di fede: "Le folle, chi dicono che io sia? Ma voi, chi dite che io sia?". Le tre risposte hanno sempre a che fare con la resurrezione. Gesù impone il silenzio: passione e risurrezione sono notizie grandi, da custodire nella profondità del silenzio e possibili da comprendere solo nella sequela del "venire dietro a me". Proprio perché "i discepoli erano con lui", gli avvenimenti futuri riguardano anche loro. Il cammino si dovrà concludere con la pasqua di Gerusalemme: croce e resurrezione.

Le parole del Signore sono rivolte a tutti, non solo alla cerchia dei dodici e la croce va presa ogni giorno, come il pane del Padre nostro, perché quotidiano è il suo stare con noi ("Io sono con voi tutti i giorni"). Finora erano gli uomini che si interrogavano e domandavano a Gesù. Ora è lui che chiede ed esige una risposta. Dalla risposta di Pietro alla proposta di Cristo si passa da un'aspettativa di gloria a quella del Servo sofferente. Il mistero della croce autentica la fede in Gesù. Fede e sequela si incontrano nella strettoia della croce. Dio esaudisce la sua promessa, non i nostri desideri.

La croce si comprende nell'essenza di Dio. Dio muore in croce per noi peccatori, perché è amore e ci ama essendo noi sulla croce. La croce è il nostro male che lui si addossa perché ci ama. La sofferenza di Dio, però, fa sì che l'ultima parola non sia la morte, ma la vita.

Rinnegare se stessi è ricevere la propria vita in dono, come grazia e poiché il nostro unico problema è quello di salvarla o perderla, seguire Gesù e rinnegare noi stessi è questione decisiva. Come in Gesù il suo "deve molto patire" fa parte del suo essere "il Cristo di Dio", così il dolore, le malattie, l'angoscia, la prova, i fallimenti, la fatica, lo scoraggiamento, la morte fanno parte della nostra condizione di discepoli. Questa consapevolezza cambia il modo di guardare la vita nostra e quella degli altri.Mons Angelo Sceppacerca23 giugno 2013
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