Domenica 2 Settembre | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 2 Settembre

Liturgia: Dt 4, 1-2.6-8; Sal 14; Gc 1, 17-18.21b-22.27; Mc 7, 1-8.14-15.21-23 Le parole di Dio messe di faccia alle tradizioni degli antichi e i comandi di Dio contrapposti ai nostri precetti. Non c’è paragone, misura. Sarebbe come mettere insieme l’essere e l’assenza, la luce e le tenebre, il buono e il cattivo. E cattivi sono i propositi di male: brutture e rapine, assassini e tradimenti, avidità e disonestà, tradimenti e corruzione, rancore e accuse false, presunzione e imbecillità. Tutti prodotti del cuore degli uomini. Isaia profeta l’aveva gridata l’ipocrisia di un popolo che onora con le labbra ma che è lontano col cuore; crede di rendere culto e invece tradisce il comando di Dio!

Più avanti Gesù fa un esempio – clamoroso! – di questa ipocrisia quando un figlio, invece di onorare il padre e la madre, dichiara “korban”, offerta a Dio, quello che dovrebbe dare loro per sostenerli. E’ la contaminazione dei comandamenti di Dio. Casomai è vero il contrario: è onorando il padre e la madre che si onora Dio.

Il punto del problema (e della sua soluzione), è “il cuore degli uomini”. Solo Gesù raggiunge l'apice del dramma umano perché tocca il cuore e “toglie il peccato del mondo" che è la separazione tra Dio e noi, sue creature. Dio percorre tutta la grande distanza che ci separa e l’ultimo passo è Gesù che arriva fino al cuore dell'uomo facendolo nuovo. Fuori da questo cuore non c’è nulla di impuro e in questo rendere puri tutti gli alimenti, il cristianesimo dona all'umanità un vero tesoro.

Come gli alimenti non portano inciso un segno etico che li renda buoni o cattivi, così anche le labbra, scollegate dal cuore, non bastano a rendere culto. Al di là dei cibi e dei riti tradizionali, il cuore dell'uomo occupa il centro dell’insegnamento del Signore e torna ad essere la norma radicale della fede e della pietà ebraiche, ma più in generale di tutte le tradizioni spirituali e sapienziali.

Quello di oggi è un vangelo senza aggiunte e senza sconti. E’ il vangelo di Francesco d’Assisi, la cui novità è stata quella di avere fatto riscoprire ai cristiani del suo tempo e di quelli successivi il gusto del Vangelo, vissuto nudo e crudo, "sine glossa", cioè in modo genuino, in pienezza e sincerità, convinto che solo a chi si sforza di viverlo nella sua integrità scopre la perfetta letizia di cui esso è sorgente. Per il Poverello l’unica «regola» era e doveva restare il Vangelo, nudo e crudo, «sine glossa»: ovvero senza quelle note a margine che usavano i dotti per «interpretare» e addomesticare le leggi. Mons Angelo Sceppacerca2 settembre 2012
Licenza Creative CommonsLe informazioni e gli articoli pubblicati su questo sito sono distribuiti con Licenza Creative Commons Attribuzione - Condividi allo stesso modo 3.0 Italia