Commento al Vangelo7 Marzo - Terza Domenica di QuaresimaLiturgia: Es 3, 1-8a.13-15; Sal; 1Cor 10, 1-6.10-12; Lc 13, 1-9In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. Prendendo la parola, Gesù disse loro: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo».Diceva anche questa parabola: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”».Il massacro dei galilei ad opera di Pilato, le vittime per il crollo della torre Sìloe. Pare cronaca nera e tragedie dei nostri giorni. Afganistan, terrorismo, terremoti e alluvioni. Mancava la maledizione sul fico sterile. Eppure non finisce così. L’ultima parola è una proroga, una dose di fiducia rinnovata. Il vignaiolo che insiste con le sue premure, che cura e sostiene, che attende fiducioso, è lo stesso Gesù, l’albero buono, la vite carica di grappoli, la spiga gonfia di grano.Dio ha sempre fatto così. A far grandi uomini come Mosé è la chiamata, prima e più della loro risposta. Dio mette (prima lettura) la sorte della liberazione di Israele nelle mani di Mosè: tocca a lui vincere la tremenda oppressione sotto il tallone del Faraone. Dio gli rivela persino il proprio nome, inaudito: “Io sono Colui che è”, l’unico che esiste, che vive e dà la vita. L’unico salvatore. Da quel momento ogni politeismo sarà inaccettabile e rifiutato (ne sanno qualcosa anche i Romani che mai piegarono quel popolo), ma anche ogni altra idolatria (di potere, di cose o persone).Mai sulla fedeltà di Dio. I dubbi semmai sono sulle scelte del popolo, sempre bisognoso di conversione e di ripresentarsi al cospetto del Dio dei padri. Gesù usa lo stesso linguaggio, forte da sembrare minaccia, in realtà rigoroso per evitare attenuanti e furbe giustificazioni. Gesù dice che la disgrazia non è figlia della colpa, ma è simbolo di cosa accade fuori dall’abbraccio del Padre, quando la pecorella si smarrisce fra rovi e dirupi.E’ saggio considerare le prove come ammonimenti e inviti a cambiare pensieri e modi di fare. Il peggio che può accadere non è il crollo di una casa, ma quello della vita oltre la vita, l’inferno eterno, tanto per esser chiari.In quaranta passi di tempo può accadere di tutto, se si prendono sul serio: dal diluvio all’arcobaleno, dalla schiavitù alla terra della promessa (attraversando un deserto che non finiva più), dalla seduzione del potere alla libertà del servizio.Quaresima è accettare che il vignaiolo premuroso è Gesù e che noi siamo il fico pieno di foglie e nudo di frutti. Nei confronti di Dio e verso gli altri, prossimi in ogni caso. Ma per grazia di Dio, anche stavolta abbiamo ancora un po’ di tempo. Anche quest’anno son tornati questi giorni di quaresima. E non tocca tutta a noi la strada da fare per tornare a casa. Il padre è già sulla via e ci sta venendo incontro.Angelo SceppacercaMons Angelo Sceppacerca7 marzo 2010