25 Dicembre - Natale del Signore | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

25 Dicembre - Natale del Signore

Liturgia: Notte – Is 9, 1-6; Sl 95; Tt 2, 11-14; Lc 2, 1-1425 Dicembre - Natale del SignoreAurora - Is 62, 11-12; Sl 96; Tt 3, 4-7; Lc 2, 15-20
Giorno - Is 52, 7-10; Sl 97; Eb 1, 1-6; Gv 1, 1-18

A Natale la Liturgia si fa poesia: “Mentre un profondo silenzio avvolgeva l’universo e la notte nella sua rapida corsa era giunta nel mezzo del suo cammino, il Verbo onnipotente, dagli altissimi cieli, balzò dal suo trono regale”.

A Natale la poesia si fa Liturgia, preghiera: “Natale. Guardo il presepe scolpito, / dove sono i pastori appena giunti / alla povera stalla di Betlemme. / Anche i Re Magi nelle lunghe vesti / salutano il potente Re del mondo. / Pace nella finzione e nel silenzio / delle figure di legno; ecco i vecchi / del villaggio e la stella che risplende, / e l’asinello di colore azzurro. / Pace nel cuore di Cristo in eterno; / ma non v’è pace nel cuore dell’uomo. / Anche con Cristo e sono venti secoli / il fratello si scaglia sul fratello. / Ma c’è chi ascolta il pianto del bambino / che morirà poi in croce tra due ladri?” (Salvatore Quasimodo, Poesie disperse e inedite. Il figlio del poeta racconta che il Padre – la sola volta! – lo aiutò nei compiti di scuola: scrivere una poesia per il Natale, davanti al Presepio).

A Natale tutto è possibile. Che il cielo tocchi la terra e che la terra assomigli al cielo; che Dio si faccia uomo e che l’uomo diventi figlio di Dio. E’ possibile il perdono e la salvezza, la fiducia e la consolazione. A Natale anche il dubbio può avvicinare la speranza e l’ateismo sfiorare la fede. E così, a Natale, anche la scrittura di un uomo come J. Paul Sartre, può indossare i panni della mistica più autentica: “La Vergine è pallida e guarda il bambino. Quel che bisognerebbe dipingere sul suo volto, è una meraviglia ansiosa che non è comparsa che una volta su una fisionomia umana. Perché il Cristo è suo figlio, la carne della sua carne e il frutto delle sue viscere. Ella lo ha portato nove mesi e gli darà il seno, e il suo latte diventerà il sangue di Dio. E sul momento la tentazione è così forte che dimentica che è Dio. Lo stringe alle sue braccia e gli dice: Piccolo mio. Ma in altri momenti, resta interdetta e pensa: Dio è là ed è presa da un timore religioso per questo Dio muto, per questo bambino terrificante. Ma io penso che vi sono anche degli altri momenti, rapidi e fuggevoli in cui lei sente al tempo stesso che il Cristo è suo Figlio, il suo piccolo, e che è Dio. Lo guarda e pensa: Questo Dio è il mio bambino. Questa carne divina è la mia carne. Egli è fatto di me, ha i miei occhi, e questa forma della sua bocca è la forma della mia, mi assomiglia. Egli è Dio e mi assomiglia. E nessuna donna ha avuto in tal modo il suo Dio per sé sola, un Dio piccolino che si può prendere tra le braccia e coprire di baci, un Dio tutto caldo che sorride e respira, un Dio che si può toccare e che ride. Ed è in uno di questi momenti che io dipingerei Maria se fossi pittore”.

Che sia Natale per tutti. Con le parole di Aurora. Sì, perché come a Betlemme, anche oggi ci sono i figli di quelli che credono – come Maria e Giuseppe – ai soffi dello Spirito giunti sulle ali di angeli. La piccola Aurora è in fase di adozione e quest’anno ha messo la sua letterina davanti a Gesù Bambino. Io l’ho copiata di nascosto.
Ciao Gesù! Eccomi davanti a te; quest’anno non potevo mancare. Sono Aurora, la bimba che fino a pochi mesi fa era senza famiglia. Nel senso che la mia mi era sconosciuta, assente, spezzata, per dramma e disperazione, per solitudine e abbandono. Sono testimone del dolore e della perdita, ma anche del miracolo che sempre può accadere quando qualcuno – come A. e S. – ti raccoglie per stringerti al petto, come pane profumato appena uscito dal forno. Senza dire: “Chi è questa qui?”. Ero senza famiglia e la difficoltà è stata la mia grazia quotidiana; ma è stata anche la sorpresa di questa coppia che si è chinata sulla mia fragilità per farmi vivere quello che di buono e vero nutriva la loro vita, senza chiedere nulla in cambio, per puro gesto d’amore che vive dell’emozione di imparare a chiamarmi figlia. Un’altra cosa sta imparando chi mi ha accolta: la realtà gli cambia contorno, tutto prende nuovo valore: sei Tu, Gesù, che ti manifesti ai loro occhi.
Sì, perché io sono una tua presenza. Sono il Natale di ogni giorno e chi si è chinato sulla mia mangiatoia ora si rialza con uno sguardo diverso, capace di accogliere il mio destino. Quando una famiglia fa posto a chi non ne ha, anche la sua casa si trasforma e diventa castello. Solo tu, Architetto delle galassie, puoi trasformare le tane in case. Io che ero senza famiglia, ho pelle più fine e occhi più grandi, come i tuoi, Gesù bambino. Nel mio, è il tuo sguardo. Certo, io ho ricevuto, ma prima ho dato. Perché il punto di nascita di ogni gesto d’amore è l’abbraccio tenerissimo che uno riceve e poi ricambia. Non è mai il rovescio. Buon Natale, Gesù. A te e a me. A mamma S. e papà A. Buon Natale a tutti i bambini del mondo”.

Angelo Sceppacerca

Mons Angelo Sceppacerca25 dicembre 2009
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