Domenica 26 ottobre | Commento al Vangelo

Commento al Vangelo

Domenica 26 ottobre

Liturgia: Es 22,20-26; 1Ts 1,5-10; Mt 22,34-40Gesù è accerchiato: tutti vogliono farlo inciampare. Dopo i sadducei, ricchi e potenti, ora uno scriba dei farisei, dotto e osservante. Pone una domanda difficile, di tipo legale, perché si tratta di districarsi tra ben 613 tra precetti e divieti. Gesù risponde citando due testi dell'Antico Testamento (dal libro del Deuteronomio 6,5 e da quello del Levitico 19,18) che il dotto fariseo doveva già conoscere. La novità di Gesù, però, sta nell'aver unito i due comandi, dichiarandoli simili e fonte di ogni altro comandamento. La risposta di Gesù è in una parola sola: amerai!

L'amore è il compimento della legge, perché ci rende simili a Dio, figli perfetti come il Padre. Dio va amato e il prossimo va amato. Solo amando il Padre e i fratelli noi diveniamo ciò che siamo: figli. Quanta letteratura sull'amore! Ma abbiamo mai incontrato qualcuno che vive solo di amore? E nella cui vita l'amore di Dio e l'amore degli altri sono una sola cosa? E il cui amore è davvero con tutto il cuore, con tutte le forze, con tutta la mente? Volti di suore di clausura, di missionari, di mamme, di ammalati, di testimoni... affollano la mente e il cuore. Sì, è possibile vivere il comando del Signore: amerai! Torniamo a dare attenzione al Vangelo di oggi. Scaviamo più a fondo.

Siamo a Gerusalemme, nell'ambiente del Tempio, pochi giorni prima della pasqua. Le dispute di Gesù con sommi sacerdoti, anziani del popolo, farisei e sadducei, preludono alla sua cattura. Gerusalemme è in agitazione, divisa tra la folla sbalordita per la dottrina di questo grande profeta e i suoi oppositori che preparano la congiura. La disarmante chiarezza di Gesù intimorisce coloro che cercano di prenderlo al laccio. Si percepisce l'ostilità di una città che non ha voluto accogliere gli inviati di Dio e sulla cui durezza Gesù stesso piangerà: "Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono inviati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto!". L'ultimo profeta sta per essere consegnato, condannato e ucciso ingiustamente.

Siamo nel cuore dell'uomo dove si agita il dissidio che lo divide tra la scelta di Dio e del suo amore e la chiusura nel rifiuto della sua paternità. La domanda del dottore della legge non è intorno ad una massima di buona condotta, ma nasce dall'incredulità dell'uomo che resiste alla fede.

La risposta di Gesù al fariseo è un rimando allo šema' Iśra' el che costituiva l'inizio della preghiera che ogni giudeo adulto doveva ripetere tre volte al giorno: "Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l'unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza". La totale adesione a Dio corrisponde all'adesione totale del Padre verso ogni uomo manifestata in Gesù e che presto sarà sigillata con l'immolazione sulla croce. A questo amore ognuno è chiamato a stringersi con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutta la forza.

Se questo è "il più grande e il primo dei comandamenti", "il secondo è simile al primo": "Amerai il prossimo tuo come te stesso". Anche il prossimo va amato totalmente; "chi infatti non ama il proprio fratello - dirà l'apostolo Giovanni - che vede, non può amare Dio che non vede". A questi due comandamenti – come una porta appesa a due cardini, entrambi necessari per il suo movimento – sta "appesa" l'anima della legge ebraica e, ancor più, quella del Vangelo. La legge dell'amore fino alla fine, è il "comandamento nuovo".

Angelo Sceppacerca

Mons. Angelo Sceppacerca26 ottobre 2008
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